NCIS: ecco perché amiamo tanto la serie, dall'America che ci piace

Autore: Chiara Poli ,

Le parole hanno un peso. E una personalità televisiva con l'esperienza e l'autorevolezza di Carlo Freccero - professionista per il quale nutro grande stima e massimo rispetto - lo sa benissimo. Per questo, non credo che il suo recente "detesto NCIS" sia stata un'esagerazione. 

Anche perché il neodirettore di Rai2 ha contestualizzato la sua affermazione durante la conferenza stampa di ieri. Le sue parole, rivolte all'amatissima serie TV di Donald P. Bellisario e Don McGill che da ormai 16 anni regna incontrastata nel palinsesto di CBS, sono state queste:

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C'è un problema. In questi giorni circola in Rete un grafico che dimostra che la delinquenza è in discesa, ma nell'opinione pubblica il problema della sicurezza è percepito come essenziale. Si dice che la TV crea falsi problemi. Rai2 ha un difetto, quello principale: la presenza massiccia di NCIS. Io lo detesto, ma il problema è che c'è un contratto. Quindi bisogna ammorbidirlo, con altri prodotti. NCIS è troppo identitaria dell'America, di un'America che non mi piace.

Pur sapendo che NCIS resta un prodotto seguitissimo dal pubblico generalista italiano, il nuovo direttore ha intenzione di ridimensionarne la presenza. 

In un'epoca in cui le serie TV sulle reti generaliste sono seguite ormai da un preciso tipo di telespettatori (per la maggioranza persone di una certa età, mentre il pubblico più giovane per le serie sceglie sempre reti tematiche e servizi streaming), un'affemazione del genere è destinata a far riflettere.

Proviamo a farlo insieme.

Chi, come me, è cresciuto seguendo episodi da 45 minuti che negli anni avevano finito per essere intervallati da almeno 20 di pubblicità - sia sulle reti private che su quelle pubbliche, nonostante il canone - sa bene che seguire una serie su una rete generalista oggigiorno è uno sport da eroi.

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Sarà un caso che proprio #NCIS sia fra i prodotti privilegiati da questi intrepidi, pazienti telespettatori? Io non credo.

[QUIZ]

L'America che ci piace

Approfondendo il suo approccio a NCIS, Freccero - che la sa lunga in fatto di produzioni TV - ha sottolineato come si tratti di un prodotto fortemente ancorato alla realtà statunitense.

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E ha proseguito:

Vorrei fare un'operazione di contaminazione. La domenica vorrei la replica di prodotti di fiction italiana. Meglio una replica che fa poca audience, che un prodotto americano. È un mio capriccio.

In linea teorica, la sua è una battaglia ineccepibile: è direttore di una delle TV generaliste di Stato, che dovrebbero certamente essere rappresentative della cultura e della tradizione italiana.

Da professionista del settore - che ha seguito all'Università anche diversi interventi di Freccero - sono d'accordo con la sua "missione" e condivido ogni parola.

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Ma - perché c'è un grosso "ma" - ci sono due problemi. Primo: le fiction italiane di alta qualità si contano sulle dita delle mani, e sono già state tutte trasmesse. Finora. Nuove stagioni sono auspicabili, ma le produzioni "novità" mi preoccupano abbastanza... Perché - e qui c'è il secondo problema - le fiction italiane sono, come direbbe #Stanis LaRochelle, troppo italiane.

Pensateci un attimo: le migliori serie made in Italy hanno preso molto, moltissimo, dall'America che ci piace.

A partire dalla cura per i dettagli, dalle tecniche di ripresa e dalla recitazione (uno dei maggiori problemi della nostra fiction) che, negli USA, non ha nulla da invidiare a quella cinematografica.

Da noi, invece, gli attori bravi sono spesso attori teatrali, o con una formazione teatrale, che anche per un mezzo completamente diverso, la TV, esagerano nei modi, nei toni, nella gesticolazione... Recitando com'è stato loro insegnato per farsi sentire anche dagli spettatori seduti in fondo alla sala o concedendo le pause perché tutti seguano la performance a teatro. La recitazione televisiva e cinematografica, invece, deve avvicinarsi il più possibile alla naturalezza della vita quotidiana. L'America è maestra, imbattuta e imbattibile, in questo senso.

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L'artificialità e la teatralità della fiction italiana, puta caso, è stata ispiratrice di Boris, che ha ancorato la narrazione al nostro territorio e alla nostra cultura con risultati invidiabili.

Perché la recitazione, i dialoghi, il ritmo nella sceneggiatura e tutto il resto sono di matrice americana: sono scritte, dirette e "calcolate" seguendo le rigide regole degli script made in Usa (che, per inciso, sono i modelli sui quali si studia la sceneggiatura televisiva e cinematografica in tutto il mondo. Lo dico da sceneggiatrice diplomata alla - ormai ex - Civica Scuola di Cinema di Milano).

Al grande Carlo Freccero non piace l'America violenta, "militaristica", criminale raccontata dalle serie made in USA. Ma a noi piace tanto, davvero tanto, l'America dal ritmo narrativo impeccabile, dalle trame avvincenti e dai personaggi complessi e irresistibili. Come quelli di NCIS.

NCIS: il segreto del suo successo

NCIS funziona da 16 anni. Restando una delle serie più amate e seguite d'America, il Paese che ogni anno dà vita a dozzine di titoli accattivanti. Eppure, la serie di Bellisario e McGill non viene spodestata.

Perché? Perché è riuscita a costruirsi una solida struttura narrativa attorno all’elemento più importante per rendere davvero grande una serie TV: i personaggi.

In ogni episodio - con uno schema consolidato che piace al pubblico perché asseconda le sue aspettative - i protagonisti indagano su un delitto (o un altro tipo di crimine). I casi vengono illustrati in modo complesso, ispirandosi alle regole del whodunit letterario, per rendere giustizia all'aspetto investigativo della serie. Ciononostante, anche se le indagini fossero meno appassionanti, NCIS avrebbe lo stesso successo, perché il suo pubblico sarebbe impegnato a godersi le performance del cast.

Raramente, in una serie che si occupa di omicidi e rapimenti - se non peggio -  il cast ha modo di dar vita a personaggi che si concedono tanti momenti di leggerezza come fanno le star di NCIS. Pensate a un altro programma che ha fatto la storia di CBS, C.S.I.: quante volte avete visto Grissom scherzare, o anche solo sorridere? Praticamente mai.

Invece, NCIS ha saputo costruire un'atmosfera scherzosa fra i membri della squadra capitanata da Gibbs - storico dispensatore di scappellotti a DiNozzo - e perfino gli avvicendamenti nel cast sono stati utilizzati per rinnovare l'equilibrio di questa atmosfera leggera, ma mai superficiale.

La professionalità dei personaggi non è mai contrapposta alla leggerezza del loro spirito, fondamentale anche per sdrammatizzare situazioni emotivamente insostenibili che, diversamente, li avrebbero fatti impazzire. O almeno deprimere. Clinicamente parlando.

NCIS ha successo da 16 anni perché fa ciò che si richiede a una serie TV che dura da 16 anni: intrattiene. Nel verso senso della parola. Appassiona con i casi, stupisce con i colpi di scena, diverte con le battute e gli scherzi. E tiene incollato il pubblico alla poltrona con episodi autoconclusivi che si alternano a trame orizzontali, arricchite da cliffhanger nei finali di stagione.

#NCIS ricrea, insomma, il perfetto equilibrio che ha reso celebre il telefilm: un genere che fin dagli anni '50 - negli USA - ha saputo concentrare in meno di un'ora il senso stesso del nuovo mezzo mediatico, la televisione.

E sono sicura, perché ho studiato il suo lavoro, che - nonostante l'America che non gli piace - anche Carlo Freccero ne sia perfettamente consapevole.

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