Paterson, la recensione: la poesia risuona nel cuore d'America

Autore: Elisa Giudici ,

Non c'è sfida più impegnativa e rischiosa del tentativo di portare la poesia su grande schermo. Questa operazione infatti unisce la difficoltà di rendere in maniera visiva un testo scritto e di lasciare allo spettatore il tempo necessario ad assimilare il suo significato metaforico ed emozionale, senza dilatare troppo i tempi e la noia. Quando il risultato è positivo, come nel caso del bellissimo Bright Star di Jane Champion, allora il film assume una forza emozionale di rara intensità. All'ultimo Festival di Cannes si è cimentato in questo azzardo un grande cineasta statunitense dei sentimenti, Jim Jarmusch

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Adam Driver è il protagonista del nuovo film di Jim Jarmusch
Adam Driver e Golshifteh Farahani in Paterson

D'altronde chi meglio di uno dei più fieri e celebrati registi indie (ma Jarmusch è anche attore, sceneggiatore, montatore, compositore) poteva tentare di raccontare la poesia della quotidianità della cittadina statunitense di Paterson, New Jersey? Chi più di Adam Driver che (ad eccezione della sua parentesi in Star Wars) è un po' il volto del filone indie americano di grido, poteva interpretarne il protagonista? Da questa alchimia di anime e intenti nasce Paterson, uno slice of life che ci accompagna dentro la routine settimanale ed esistenziale di un autista di autobus sposato a una estrosa artista tuttofare (Golshifteh Farahani), alla ricerca degli attimi di poesia invisibili agli occhi superficiali di cui non guarda con attenzione.

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Il film è diviso in sette segmenti, ognuno dei quali racconta una giornata della settimana tipo di Paterson (nome della città e dell'autista, entrambi protagonisti del film). Questa struttura permette innanzitutto di cogliere lo scorrere di una vita pacata, scandita dagli stessi gesti di sempre: svegliarsi presto tra le braccia della moglie ancora addormentata, fare colazione con latte e cereali, andare al lavoro a piedi, guidare un autobus, scrivere poesie in pausa pranzo, osservando da una panchina una cascatella inglobata nello spazio urbano. 

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Paterson, la recensione del film di Jim Jarmusch
Adam Driver è un autista poeta in Paterson

Certo non è il più adrenalinico e avvincente dei film usciti questa settimana, dato che si appella chiaramente al pubblico che ama il film d'autore e la cosiddetta poesia delle piccole cose. Certo per far brillare il personaggio ottimamente interpretato da Adam Driver (sempre in bilico tra luddismo anti-cellulari ed esistenzialismo poetico) finisce per rendere macchiette il resto dei personaggi che popolano il suo mondo, dai melodrammatici avventori del pub in cui va a bere una birra fino alla moglie stramba e incredibilmente superficiale. Certo insomma fa davvero di tutto per piacere, usando la carta tutt'altro che indie del cagnetto di famiglia, adorabile deus ex machina. 

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Il punto che la routine ripetuta, seppur mediata e un po' ruffiana, funziona eccome. Quando Jim Jarmusch introduce episodi che rompono il ripetersi perpetuo delle azioni di Paterson, quando l'autista poeta ci rende partecipi dei suoi versi, il cinema riesce a diventare per qualche lungo spezzone vera poesia. Missione compiuta, insomma. 

Paterson sarà nei cinema a partire da 22 dicembre 2016

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