Race: Il colore della vittoria, la vera storia di Jesse Owens che ha ispirato il film

Autore: Silvia Artana ,

Per tutti gli appassionati di sport e non solo per loro, Jesse Owens è una leggenda. L'atleta afroamericano è entrato nella storia per avere vinto 4 medaglie d'oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936, organizzate per celebrare la grandezza della Germania e il regime nazista.

Il più giovane dei 10 figli degli umili Henry Cleveland Owens (un mezzadro) e Mary Emma Fitzgerald ha inflitto un duro colpo agli ideali aberranti dell'hitlerismo e ha stabilito un record durato fino al 1984, anno in cui il connazionale Carl Lewis ha ottenuto lo stesso numero di vittorie nelle medesime gare ai Giochi di Los Angeles.

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Il film Race: Il colore della vittoria celebra (con buona accuratezza) la vita e l'eccezionale impresa del grande atleta USA, ma qual è la vera storia del giovane dell'Alabama che ha "sconfitto" il Führer?

L'infanzia e le prime vittorie nell'atletica

James Cleveland Owens è nato il 12 settembre 1913 in Alabama. L'infanzia nel Sud è stata molto dura. Il bambino ha dato il suo contributo al magro bilancio familiare raccogliendo il cotone nei campi dei grandi latifondisti, fino a che la famiglia si è trasferita a Cleveland, in Ohio, durante quella che è conosciuta come la "grande migrazione afroamericana".

Per James è iniziato un altro capitolo della sua vita, a partire dal... nome. Nella nuova scuola, un insegnante non ha compreso il suo forte accento e ha frainteso quando il ragazzino ha detto di chiamarsi J. C. Da quel momento, il giovane Owens è diventato per tutti e per sempre Jesse.

Il futuro pluri campione di Berlino ha scoperto la passione per la corsa durante gli anni del liceo (grazie all'allenatore Charles Riley, al cui incoraggiamento ha sempre attribuito il merito della sua strepitosa carriera) ed è salito alla ribalta nazionale con un'eccezionale prestazione al National High School Championship di Chicago del 1933.

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Il poster di Race: Il colore della vittoria
Il poster di Race: Il colore della vittoria, il film su Jesse Owens

La prova gli ha garantito l'accesso alla Ohio State University, dove ha iniziato ad allenarsi con Larry Snyder, che ha sfidato i pregiudizi dell'epoca e ha aperto la squadra di atletica agli afromaericani.

Il 25 maggio 1935, al Big Ten Meet di Ann Arbor, nel Michigan, Jesse Owens è passato per la prima volta alla storia, stabilendo il record del mondo nel salto in lungo (destinato a durare fino al 1960), nelle 220 iarde piane in rettilineo e nelle 220 iarde a ostacoli in rettilineo ed eguagliando quello delle 100 iarde. 

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Pochi mesi dopo, a luglio, è convolato a nozze con la fidanzata storica, Minnie Ruth Solomon, dalla quale aveva avuto una figlia nel 1932, Gloria. I due si sono sposati dopo un tradimento di Jesse e la successiva riconciliazione e sono rimasti insieme fino alla morte dell'uomo, avvenuta nel 1980 per un cancro ai polmoni. Nel 1937 e nel 1940, la coppia aveva avuto altre due figlie, Marlene e Beverly.

Le Olimpiadi di Berlino del 1936

L'affermazione del nazismo in Germania ha messo a lungo in dubbio la partecipazione degli Stati Uniti alle Olimpiadi di Berlino. La situazione si è sbloccata nel settembre del 1934, quando il Comitato Olimpico USA ha accettato pubblicamente l'invito.

Poco prima dei Giochi, Jesse Owens ha ricevuto pressioni per non gareggiare dall'organizzazione per i diritti degli afroamericani, la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). Ma alla fine, l'atleta ha deciso di partire per l'Europa. Ed è diventato leggenda.

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Jesse ha vinto la medaglia d'oro nei 100 metri (3 agosto), nel salto in lungo (5 agosto), nei 200 metri (6 agosto) e nella staffetta 4x100 (9 agosto), alla quale ha partecipato in seguito alla decisione degli allenatori di rimpiazzare Marty Glickman e Sam Stoller con lui e Ralph Metcalfe. La versione ufficiale ha attribuito la sostituzione alla volontà di mettere in pista la squadra più veloce. Ma sulla scelta grava l'ombra di pressioni da parte di Berlino per non fare gareggiare gli ebrei Glickman e Stoller.

L'impresa di Jesse Owens è una delle più belle pagine di sport mai scritte, ma la vittoria nel salto in lungo lo è in modo particolare. 

Dopo avere fallito due dei tre tentativi per accedere alla gara, il giovane ha rischiato di non qualificarsi. A dargli un prezioso consiglio per non sbagliare anche l'ultimo e decisivo salto è stato il super favorito e "campione della razza ariana" Luz Long. L'atleta tedesco ha suggerito al collega americano di cambiare punto di battuta e Jesse è riuscito finalmente a esprimere tutto il suo potenziale.

In finale, l'atleta americano ha battuto Luz, ma quest'ultimo ha dimostrato ancora una volta tutta la sua grandezza di uomo e sportivo, andando a congratularsi per primo con Jesse. Poi ha posato con lui per le foto di rito ed è sceso al suo fianco negli spogliatoi.

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In una intervista rilasciata diversi anni dopo a ESPN, il campione americano ha ricordato il saltatore tedesco con parole di grande affetto:

Ha avuto molto coraggio a dimostrarsi mio amico davanti a Hitler. Potete fondere tutte le medaglie e le coppe che ho vinto e non sarebbero che una povera imitazione dell'amicizia a 24 carati che ho provato per Luz in quel momento. Il Führer deve essere impazzito a vederci abbracciati.

Il profondo legame tra i due è proseguito per via epistolare, fino a che Luz Long è morto al fronte durante la II Guerra Mondiale, durante il massacro di Biscari, vicino a Gela, in Sicilia.

Come riporta Letters of Note, nella sua ultima lettera a Jesse Owens, il campione tedesco lo ha pregato di cercare suo figlio e di parlargli della loro amicizia:

Raccontagli com'era la vita quando non eravamo separati dalla guerra. Quello che voglio dire è: raccontagli come possono andare le cose tra gli uomini su questa terra.

L'incontro con Hitler: tra leggenda e realtà

Le vittorie di Jesse Owens a Berlino e quella nel salto in lungo in particolare sono accompagnate da una lunga polemica relativa al (presunto) mancato incontro tra l'atleta americano e Hitler.

Secondo la narrazione dell'epoca (diventata la vulgata comune), il Führer si sarebbe rifiutato di riconoscere i successi del campione afroamericano. Ma come riporta un articolo di The Pittsburgh Press del 1936, questa versione è stata smontata dallo stesso Jesse:

Hitler arrivava e se ne andava dallo stadio a orari prestabiliti. È successo che se ne dovesse andare prima della cerimonia di premiazione dei 100 metri. Ma prima che lasciasse l'Olympiastadion, mi stavo recando a registrare un programma e sono passato davanti al punto della tribuna dove era lui. Mi ha guardato e mi ha salutato e io ho contraccambiato. 

Il racconto dell'atleta USA è stato confermato dalla figlia Marlene, che ha dichiarato che "in retrospettiva" suo padre è rimasto più amareggiato dal fatto di non essere stato ricevuto dal presidente dell'epoca, Franklin Delano Roosevelt (in piena campagna elettorale e preoccupato di perdere i voti degli Stati del Sud).

Anche il giornalista afroamericano Robert L. Vann ha affermato di avere visto Hitler salutare Jesse Owens e il collega tedesco Siegfried Mischner ha rivelato che i due si sarebbero addirittura incontrati.

In una intervista rilasciata al Daily Mail nel 2005, l'uomo ha dichiarato che l'atleta americano e il Führer si sono stretti la mano nei corridoi dell'Olympiastadion e che Jesse ha conservato gelosamente per tutta la vita nel portafoglio una foto che documentava il momento.

Tuttavia, Mischner e altri due colleghi al corrente dei fatti avrebbero preferito tacere e allinearsi al resto della stampa per non rischiare di riabilitare in alcun modo la figura del Führer.

Un'ulteriore conferma che il famoso confronto tra Jesse Owens e Adolf Hitler è avvenuto davvero è arrivata nel 2014 dal pluridecorato pilota britannico della Fleet Air Arm, Eric Brown. In un documentario di BBC, l'ufficiale ha dichiarato di avere assistito con i suoi occhi all'evento:

Ho visto Hitler stringere la mano a Jesse Owens e congratularsi con lui per i risultati ottenuti.

Gli anni dopo Berlino

L'incredibile impresa di Berlino non ha garantito a Jesse Owens e alla sua famiglia una vita serena.

Come riportano History vs Hollywood e HistoryNet, il campione americano ha continuato a lungo a fare i conti con il razzismo profondamente radicato negli USA e ha faticato a trovare un lavoro stabile

Jesse ha preso parte a gare dimostrative a pagamento (correndo con handicap alla partenza o contro cavalli), ha suonato con una jazz band, ha lavorato per Ford Motor Company e ha tentato con scarso successo la strada del cinema. Dopo la disastrosa esperienza della West Coast Negro Baseball League, una breve attività da preparatore atletico per i New York Mets e una sfortunata avventura imprenditoriale, nel 1965 ha dichiarato bancarotta.

Nel 1966 è iniziata la sua risalita, grazie alla nomina ad Ambasciatore di buona volontà degli Stati Uniti. 

Nel 1976 è stato insignito del Collare d'argento dell'Ordine Olimpico e Gerald Ford gli ha consegnato la Medaglia presidenziale della libertà, il massimo titolo per un civile americano. Infine, nel 1990, George H. W. Bush ha onorato la sua memoria con Medaglia d'oro del Congresso.

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