Roman Polanski: 'Weinstein tentò di sabotare Il Pianista'

Autore: Mara Siviero ,

Durante un’intervista a Paris Match, Roman Polanski ha risposto una volta per tutte alle recenti accuse di violenza mosse nei suoi confronti dalla fotografa Valentine Monnier.
Il regista polacco, infatti, avrebbe declinato le accuse, dicendo che “Ovviamente, non ho collegamenti di alcun tipo rispetto a quello che lei ha detto perché è una falsità… Nego assolutamente tutto”.

Monnier aveva accusato il regista premio Oscar di averla violentata allo chalet svizzero di Polanski nel 1975. Proprio nello stesso periodo delle accuse era anche uscito nei cinema francesi l’ultimo film del regista, L’ufficiale e la spia: un film che incassato, finora, più di 12 milioni di dollari al box office, ma che ha anche dato vita proteste e tentativi di sabotaggio.

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Ma non solo: durante la stessa intervista al giornale francese, Polanski ha anche avuto modo di parlare di Harvey Weinstein e dell’origine del movimento #MeToo.

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Un'immagine del film L'ufficiale e la spia

Il regista ha dichiarato di non aver avuto legami di nessun tipo con Weinstein, persona da lui incontrata solo una manciata di volte, e di essere rimasto sorpreso dalla valanga di accuse che hanno investito il produttore ormai due anni fa.

Tra l'altro, sembra sia stato proprio Weinstein a ritirare fuori il primo caso di violenza che vide coinvolto Polanski, accusato di aver drogato e violentato, nel 1977, l'allora tredicenne Samantha Geimer:

So che nel 2003 Weinstein andò in panico quando Il Pianista vinse due BAFTA, tra cui quello al Il miglior film. Weinstein, che aveva due film nominati agli Oscar, lanciò una campagna per far in modo che la stessa cosa non accadesse ad Hollywood. Fu lui a ricercare quanto avvenuto con Samantha, che aveva avuto luogo più di ventisei anni prima e di cui non vi era più interesse. Il suo addetto stampa fu il primo a chiamarmi ‘violentatore di bambini’. Il paradosso è che Il Pianista non vinse l’Oscar al Miglior film, un premio che sarebbe andato al produttore, ma vinse per la Miglior regia.

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Alla domanda incalzante rivolta da Paris Match, cioè se Polanski si consideri una vittima, il regista ha risposto:

Per anni le persone hanno cercato di farmi passare per un mostro. Mi sono abituato alle calunnie, la mia pelle si è inspessita ed indurita come quella di guscio. Ma per i miei figli, per Emmanuelle [Seigner, la moglie di Polanski, ndr] è terribile. È per loro che mi esprimo. Per quanto mi riguarda, non spero nemmeno più di tanto di poter cambiare il corso delle cose. Hanno sofferto enormemente; hanno ricevuto insulti e minacce sui social media. Certo, sono io il responsabile: nel 1977 ho compiuto un errore ed è la mia famiglia che ne paga il prezzo da mezzo secolo. I media si sono buttati su me con estrema violenza. Prendono ogni nuova falsa accusa, anche assurda e priva di fondamento perché consente loro di ritirare fuori questo argomento. È come una maledizione e non posso farci niente.

Durante la stessa intervista, Polanski ha anche parlato del primo caso che lo ha visto coinvolto:

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Solo Samantha [Geimer, ndr] e io sappiamo come andò quel giorno… qualsiasi cosa abbia fatto, in qualsiasi modalità fosse, è profondamente deplorevole. L’ho detto molte volte; ne ho scritto a Samantha, con cui sono in contatto, e lei lo sa. Lei e la sua famiglia hanno sofferto per colpa mia e, ciononostante, la cosa continua. Ogni volta che c’è una bugia su di me, lei viene ritirata fuori. Considerando che, in origine, se il pubblico ministero ha proposto un accordo, era per evitare un processo. La sua famiglia non voleva che il suo nome fosse pubblicato. Ma il loro nome è venuto fuori e, da allora, ha vissuto l’inferno. Chiede da anni di chiudere le cause contro di me. Lei ha scritto diverse volte al procuratore per spiegare come il trauma causato dai media sia ben peggiore di quando la feci soffrire.

 

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