Rush: la storia vera dietro al film con Chris Hemsworth

Autore: Silvia Artana ,

Il mondo dell'automobilismo e delle corse è pieno di vicende incredibili, affascinanti ed emozionanti. E nel 2013, Ron Howard ha deciso di raccontare una delle più famose (non solo per gli appassionati) in #Rush. La leggendaria rivalità tra Niki Lauda e James Hunt è arrivata sul grande schermo grazie alla sceneggiatura dell'autore britannico Peter Morgan (The Queen - La regina, Frost/Nixon - Il duello, Hereafter) e all'interpretazione di Daniel Brühl e Chris Hemsworth.

La narrazione è in gran parte fedele ai fatti, ma (inevitabilmente) ci sono concessioni alla semplificazione e alla spettacolarizzazione.

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Allora, qual è la storia vera dietro al film?

Rush Rush Ambientato sullo sfondo dell’epoca d’oro, sexy e glamour della Formula 1, RUSH ritrae l’entusiasmante storia vera di due dei più grandi rivali che il mondo abbia mai visto: il bel ... Apri scheda

Chi era Niki Lauda

Niki Lauda nasce nel 1949 da una ricca famiglia di banchieri viennesi, ma sceglie una vita completamente diversa. Nel 1968 lascia l'università e grazie a un prestito compra la sua prima auto da corsa e partecipa al campionato di Formula Vee e di Formula 3.

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Il giovane pilota arriva in Formula 2 per mezzo di un altro ingente prestito e di una assicurazione sulla vita e da questa categoria compie il salto in Formula 1 con il team March. Ma la macchina e la scuderia sono poco competitive e passa al team BRM con un contratto da pilota pagante. La svolta arriva nel 1974, quando il compagno di squadra Clay Regazzoni lo porta con sé in Ferrari.

Due anni dopo, Lauda sposa la modella Marlene Knaus, che aveva conosciuto tempo prima a una festa e dalla quale divorzierà nel 1991.

Niki Lauda era soprannominato "il computer" per la meticolosità con cui preparava le corse e la sua freddezza in pista. Ma Rush ha un po' calcato la mano sulla sua severità:

Non ero così rigido come sono rappresentato nel film. Ma ero più disciplinato di James Hunt. Non bevevo prima delle gare. Ma dopo sì. Dovevo. Ognuna poteva essere l'ultima.

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Il pilota aveva anche un altro nomignolo, meno iconico ma altrettanto famoso, "Il Topo":

È stato lo sponsor, Marlboro, a mettere "Il Topo" sulla mia visiera. È stata un'idea di un tipo del marketing, per via dei miei denti.

Chi era James Hunt

James Hunt nasce nel 1947 da una famiglia inglese benestante. Il giovane si appassiona alla guida e allo sci, ma la folgorazione per l'automobilismo avviene quando con il fratello Simon, pilota di Mini, assiste a una gara a Silverstone. Anche James inizia a correre e arriva rapidamente in Formula 3.

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La sua carriera svolta quando incontra Lord Alexander Hesketh. L'uomo fonda una propria scuderia e con il giovane pilota si iscrive prima in Formula 2 e poi in Formula 1. Tuttavia, i costi sono troppi anche per il ricco aristocratico e Hunt si ritrova senza squadra.

A dare una inaspettata occasione al pilota inglese è la decisione di Emerson Fittipaldi di lasciare di punto in bianco la MacLaren. Dopo alcune resistenze, nel 1975 la scuderia ingaggia il giovane e per Hunt si apre la fase più luminosa della sua carriera.

Nello stesso anno, Hunt divorzia dalla prima moglie, la modella Suzy Miller, che ha iniziato una relazione con l'attore Richard Burton. A quanto pare, il pilota vive la fine del matrimonio come una "benedizione" e instaura un rapporto amichevole con la stella di Hollywood, che accetta di pagare 1 milione di dollari per la transazione di divorzio tra i due coniugi.

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James Hunt era chiamato "Hunt the Shunt", ovvero "Hunt lo Schianto", per i numerosi incidenti a causa della guida molto aggressiva. Il pilota aveva fama di playboy (corre voce che abbia avuto più di 5mila donne) e una reputazione poco edificante. Beveva, faceva uso di droga e si divertiva a sconvolgere i benpensanti con comportamenti provocatori, come urinare davanti al pubblico durante le gare e presentarsi in t-shirt e jeans agli eventi degli sponsor.

Un altro marchio di fabbrica erano le toppe che portava cucite sulla tuta, che recitavano: "Il sesso è una questione di alte prestazioni" e "Sesso: la colazione dei campioni".

L'amicizia tra Niki Lauda e James Hunt

La rivalità tra Niki Lauda e James Hunt è entrata nella leggenda. Ma la verità è che i due erano avversari in pista, ma amici nella vita. E il loro rapporto è nato e si è consolidato prima dell'incidente del pilota austriaco al Gran Premio del Nürburgring:

Sì, eravamo amici. Conoscevo [James Hunt, n.d.r.] prima di gareggiare insieme in Formula 1. Ci incrociavamo sempre sulle piste. Era un ragazzo molto competitivo ed era molto veloce. Eravamo simili sotto molti aspetti. Avevo grande rispetto di lui in pista... era un pilota molto affidabile.

Lauda ha raccontato che lui e Hunt uscivano spesso insieme a Londra e che una volta ha passato la notte nell'appartamento del collega: "Ma non eravamo solo lui e io, eravamo in quattro".

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Il poster di Rush
Rush racconta la storia della rivalità tra Niki Lauda e James Hunt

Niki Lauda e la Ferrari

Niki Lauda entra in Ferrari nel 1974, sponsorizzato dall'esperto Clay Regazzoni, già suo compagno di squadra in BRM. Con la Rossa di Maranello, il pilota diventerà due volte Campione del mondo nel 1975 e nel 1977, ma gli inizi non sono dei migliori.

Durante i primi giri di prova sulla pista di Fiorano, Lauda riscontra diversi problemi nella macchina e lo dice con molta schiettezza al figlio di Enzo Ferrari, Piero. Il giovane ascolta, ma con suo padre gli consiglia di essere più diplomatico:

Ferrari mi dice: 'Allora, ragazzo, cosa pensi della macchina?'. Io rispondo: 'È una m****'. Allora Piero mi fa: 'Non puoi dirlo. Non puoi dire a mio padre che la macchina è una m****, ti butterà fuori. Digli che non va bene, suona un po' meglio'. Piero traduce così e il vecchio si arrabbia perché ho criticato una Ferrari.

Ma le competenze tecniche e l'abilità di collaudatore del pilota austriaco si rivelano fondamentali per il progresso delle vetture di Maranello e la scuderia inaugura una stagione di grandi successi.

James Hunt e la MacLaren

James Hunt approda alla MacLaren in maniera fortuita. E parecchio travagliata. Dopo una buona stagione, il pilota si ritrova a piedi, a causa dei problemi economici della sua scuderia. A ridosso dell'inizio del campionato del 1976, Hunt è ancora senza squadra e senza macchina, nonostante un vorticoso giro di contatti. Ma la decisione improvvisa di Emerson Fittipaldi di lasciare la MacLaren per correre con la scuderia del fratello apre una porta al pilota britannico.

Dopo una lunga trattativa, Hunt ha la meglio sul collega belga Jacky Ickx, grazie all'opera di mediazione di John Hogan di Marlboro, e sottoscrive un contratto da 200mila dollari. Una cifra molto bassa per i canoni della Formula 1 e ancora di più alla luce del fatto che proprio quell'anno il pilota diventerà Campione del mondo.

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Immagine promozionale di Rush
Le condizioni meteo sono la variabile imprevedibile nella rivalità tra Niki Lauda e James Hunt

Il Gran Premio del Nürburgring e l'incidente di Niki Lauda

Il Gran Premio del Nürburgring del 1976 segna uno spartiacque nella storia di Niki Lauda e della sua rivalità con James Hunt. Oltre che in quella dell'automobilismo. 

I due pilota sono in lotta per il titolo, con l'austriaco in netto vantaggio sull'inglese. Il meteo è pessimo e Lauda ha forti preoccupazioni in merito alle condizioni della pista, tristemente famosa per essere stata teatro di più di 50 incidenti mortali. In qualità di portavoce per la sicurezza dei piloti, Lauda convoca una riunione e chiede di annullare la gara. Ma la sua proposta non viene accolta.

La corsa inizia e si mette subito male per il pilota austriaco, che ha scelto di partire con le gomme da pioggia. Lauda si ferma ai box per cambiarle e ritorna in pista aggressivo per recuperare lo svantaggio. Ma alla curva Bergwerk finisce fuori strada (a causa della poca aderenza delle gomme e non per un cedimento meccanico). L'auto va a sbattere contro una pietra e si incendia e il pilota rimane nell'abitacolo per quasi 1 minuto, prima che alcuni coraggiosi colleghi riescano a estrarlo dalla monoposto.

Il terribile incidente provoca a Lauda ustioni che lo lasciano sfigurato e compromette gravemente i suoi polmoni, a causa delle esalazioni della benzina in fiamma. Le speranza di sopravvivenza per il pilota sembrano poche. Invece, il giovane ha una straordinaria ripresa.

Il Gran Premio di Monza

Contro ogni ragionevole aspettativa, Niki Lauda torna in pista 42 giorni dopo l'incidente nel quale ha quasi perso la vita. Durante la sua assenza, James Hunt ha recuperato diversi punti e il Gran Premio di Monza è una gara cruciale per la classifica. 

Lauda gareggia in condizioni precarie e con uno speciale casco per ridurre le compressione e lo sfregamento delle ferite non ancora rimarginate. Ma con una incredibile forza di volontà, si piazza al quarto posto:

Il venerdì non sono riuscito a guidare. Sono sceso dall'auto, perché ero spaventato. Sono andato in albergo e ho pensato a quello che era accaduto. Il sabato me la sono presa con calma e poi finalmente sono tornato.

Hunt non finisce la gara e i 3 punti che il pilota di Vienna guadagna diventano una pesante ipoteca sul titolo. 

La rimonta di James Hunt e il Gran Premio del Giappone

L'ultima gara in calendario, il Gran Premio del Giappone, diventa quella decisiva per assegnare il titolo iridato del 1976. Niki Lauda è in vantaggio su James Hunt e l'inglese deve assolutamente arrivare al traguardo in una buona posizione e sperare che il collega non faccia un grande piazzamento. Ma ancora una volta, il meteo si rivela una variabile capace di stravolgere tutto.

A causa della pioggia torrenziale e delle condizioni della pista, i piloti chiedono di annullare la gara. Anche James Hunt appoggia la richiesta, suscitando il disappunto della MacLaren. Ma gli organizzatori rifiutano, per non perdere gli introiti dei contratti TV. Alla fine, il Gran Premio parte con due ore di ritardo e un apparente accordo tra i piloti per tornare ai box dopo 5 giri. In effetti, alcuni si fermano poco dopo il via. Ma la maggior parte prosegue.

Da parte sua, Lauda torna ai box dopo 2 giri. Il pilota ritiene le condizioni della pista troppo pericolose per continuare. Inoltre, a causa dell'incidente al Nürburgring, non riesce a battere le palpebre e la sua visione è compromessa:

Per me era ridicolo. A causa di uno stupido accordo televisivo, dovevamo uscire e rischiare la vita. Non si vedeva nulla. Era un disastro. Quindi, per quello che mi riguardava, ho deciso che la TV non era una ragione sufficiente per correre. Ho detto alla Ferrari che avrei fatto un giro, cosa che ho fatto, e poi mi sono fermato. Non ho rimpianti. Lo rifarei. Ma senza il mio incidente, forse avrei esitato.

Quando Lauda torna nel paddock, il direttore tecnico della Ferrari, Mauro Forghieri, gli suggerisce di attribuire il ritiro a un problema elettrico. Ma il pilota rifiuta e si assume la responsabilità della decisione, venendo aspramente criticato dalla stampa italiana e compromettendo il rapporto con la Ferrari.

James Hunt porta a termine la gara, si piazza terzo e si laurea Campione del mondo con un solo punto di vantaggio su Niki Lauda:

Mi dispiace davvero per Niki. Mi dispiace per tutti che la gara sia stata corsa in circostanze tanto assurde perché le condizioni erano pericolose e appoggio senza riserve la decisione di Niki. Dopo un incidente come quello che gli è capitato, cosa poteva fare? Onestamente, volevo vincere il campionato e sentivo di meritarlo. Ma penso che anche Niki meritasse di vincerlo. Avrei voluto che fosse possibile vincerlo entrambi.

La parabola di James Hunt

Dopo la vittoria del titolo iridato nel 1976, James Hunt diventa sempre meno competitivo e nel 1979 si ritira dalle corse. L'ex pilota intraprende una carriera da commentatore tecnico per la BBC e si sposa una seconda volta con Sarah Lomax nel 1982. La coppia ha due figli, ma si separa nel 1988.

In seguito, Hunt conosce Helen Dyson, di 18 anni più giovane. L'uomo propone alla fidanzata di sposarlo solo poche ore prima di morire di infarto nella sua casa di Wimbledon, a Londra, ad appena 45 anni.

Fonti: History vs Hollywood, Daily Star, The Telegraph, The Guardian

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