Searching, la recensione: il brivido del thriller corre sui social network

Autore: Elisa Giudici ,

Non bastano due rondini per annunciare una primavera, ma è comunque interessante notare come due dei film più chiacchierati della scorsa stagione nel mondo anglosassone - Searching e Crazy Rich - vedano come assoluti protagonisti personaggi asiatici.

Se in Crazy Rich è la trama a richiederlo, in Searching è un tocco di novità in un intreccio più che canonico del genere thriller: un padre amorevole scopre che la figlia adolescente è scomparsa e comincia a investigare in parallelo con le indagini della polizia per trovarla. Le sorprese però non sono finite qui, perché su questo impiantito classico Searching realizza una sfida davvero ambiziosa dal punto di vista produttivo e narrativo: seguire David Kim solo attraverso lo schermo di un portatile e un cellulare nella sua ricerca disperata di indizi sulla scomparsa della figlia Margot.

Senza lasciare traccia (social)

È impossibile parlare di Searching senza anticipare questo dettaglio: John Cho, Debra Messing e gli altri interpreti non interagiranno mai con una cinepresa vera e propria, ma verranno sempre inquadrati tramite webcam, microcamere, chiamate in modalità Face Time, foto sui social e ogni singolo social network che popola la vita dell’americano medio. Lo schermo del cinema diventa un desktop a cui si sfugge raramente, che si popola progressivamente di file, indizi, piste da battere, aggregatori di messaggistica e password da decriptare, con qualche codice di verifica e un po’ di allenamento.

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Margot in Searching
Margot è scomparsa e la risoluzione del suo caso è forse nascosta nel suo portatile, sui suoi profili social

A impegnarsi in questa opera amatoriale di indagine nel portatile e nella vita di sua figlia è David Kim (John Cho), un padre costretto dalle recente vedovanza a prendersi cura da solo della figlia adolescente, Margot. Per fortuna la ragazza, a parte qualche superficialità dovuta all'età, sembra avere la testa sulle spalle: si impegna a scuola, studia pianoforte, ha una vita sociale tranquilla. Per questo il padre non si preoccupa troppo quando un venerdì pomeriggio come tanti non riesce a rintracciarla, pensando sia con gli amici o a scuola.

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Le ore però passano e i contorni della situazione si fanno sinistri: perché Margot lo ha chiamato nel cuore della notte? Come mai ha lasciato l’inseparabile portatile nella cucina di casa? Sempre più preoccupato, David allerta la polizia. Nel tentare di capire che fine abbia fatto Margot, David comincia a rendersi conto di quanto poco conosca in realtà la figlia, il suo giro di amicizie e i suoi intimi desideri.

John Cho diventa un detective social

Innanzitutto sgombriamo il campo da ogni dubbio: Searching non è l’ennesimo film che voglia farci la lezioncina su quanto i social network impattino sulle nostre vite e quanto Internet possa essere pericoloso, specie per i più giovani. Lo sguardo del film punta piuttosto a mostrare quanto sia pervasivo l’utilizzo della tecnologia nelle dinamiche familiari anche più intime e quindi quanto possa diventare salvifico o pericoloso quando qualcosa va storto.

Man mano che la ricerca di Margot si fa più capillare e il caso diventa di dominio pubblico, diventa sempre più chiaro che il punto del film non è tanto il risvolto thriller, quanto il tentare di dare una panoramica il più possibile ampia di quanto questo genere di tecnologia sia radicato nelle nostre vite. Nel cercare tracce sulla scomparsa della figlia, David tocca quasi tutti i registri disponibili: c’è il risvolto drammatico del padre disperato, quello paranoico di chi vede complotti ovunque, il sarcasmo verso conoscenti prima disinteressati che in favor di telecamera si professano grandi amici della scomparsa. Searching qua e là riesce ad avere anche discreti tempi comici, come quando David si chiede costernato cosa diavolo sia Tumblr, evidenziando tutto il gap generazionale con la figlia.

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Aneesh Chaganty e Debra Messing
Aneesh Chaganty porta su grande schermo un'idea brillante per il suo esordio alla regia

Lo scopo primario di Searching è proprio questo: mostrarci come sia la nostra umanità a plasmare le tecnologie che utilizziamo. È la nostra pigrizia a far rimandare sempre l’aggiornamento del programma antivirus, sono invidia, superficialità e opportunismo a farci accorrere “con le nostre preghiere” a commentare il caso di cronaca del momento. Searching sottolinea anche come personalità diverse plasmino in maniera differente gli stessi strumenti. David, lo intuiamo dal breve stacco sulla sua vita lavorativa, ha una mente matematica e analitica. Di conseguenza la reazione per lui più sensata alla ricerca di una traccia è aprire un foglio Excel e telefonare uno a uno a tutti i contatti Facebook della figlia, annotandosi ogni informazione utile. Al contrario Margot è una ragazza timida e riservata, che tende a mantenere un profilo privato sui social network così come a scuola.

I limiti di un esordiente

Bisogna riconoscere a Searching anche un altro merito: quello di riuscire a coprire bene le sue tracce, depistando lo spettatore fino alla fine. Il destino di Margot è appeso ad un filo e, pur giocando qualche carta ovvia nell’accrescimento progressivo della tensione, Searching riesce a tenere lo spettatore sulle spine fino all’ultimo. Ragionandoci a mente fredda la risoluzione del caso è sin troppo macchinosa e roboante, ma in sala tutto fila liscio come l’olio, a ulteriore merito del regista Aneesh Chaganty.

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John Cho in Searching
Può un padre disperato armato di Excel e connessione internet ritrovare la figlia scomparsa?

Il limite di questo film però rimane proprio l’inesperienza del suo sceneggiatore e regista. L’idea iniziale è ambiziosa, la realizzazione curata (e complimenti all’edizione italiana, che traduce fino all’ultima scritta sul desktop di Margot, in un lavoro di adattamento davvero impegnativo). Il problema è che lo sguardo con cui il film indaga sulla pervasività tecnologica sulle nostre vite non è così incisivo. Searching si impegna ma non riesce a postulare una verità che lo spettatore non abbia ancora realizzato in autonomia. La pellicola si limita a mettere insieme i pezzi di un puzzle che già conosciamo e a indicarceli uno a uno, non senza qualche ingenuità di fondo.

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Lo spesso discorso si può fare anche per la regia del film, che non sbaglia quasi mai, ma raramente brilla, pur considerando gli ovvi limiti della forma narrativa scelta. Insomma, Searching fa il giusto, ma non riesce a trasformare la sua idea brillante e ambiziosa in qualcosa di più. Per farlo ci sarebbe voluto un regista con più esperienza e forse più carattere.

Searching è nelle sale italiane dal 18 ottobre 2018.

Commento

cpop.it

70

L'esordiente Aneesh Chaganty ha per le mani una sfida ambiziosa, un incipit brillante e una sceneggiatura dignitosa: gli manca solo l’esperienza necessaria a trasformarla in un film clamoroso.

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