Spira Mirabilis, la recensione: meduse e immortalità da Venezia 73

Autore: Elisa Giudici ,

Una nativa indiana racconta la genesi del mondo e un’attrice francese di fama internazionale legge passaggi di Borges dedicati al tema dell’immortalità. Uno scienziato giapponese studia le meduse Turritopsis e dedica una canzone alla loro capacità di ringiovanire e scampare alla morte. Una coppia svizzera realizza uno strumento musicale / scultura in metallo unico al mondo, lo Hang, creato dopo anni di esperimenti sulla materia e il suono che emette. Un gruppo di nativi celebra un funerale a Wounded Knee, sede della ribellione indiana dello scorso secolo e di un successivo massacro da parte delle autorità statunitensi. Un gruppo di operai e artigiani presiede alla lenta e infinita sistemazione delle statue marmoree che popolano la facciata e le guglie del Duomo di Milano.

Questi sono i volti, i suoni e le latitudini scelte da Massimo D'anolfi e Martina Parenti per la loro spirale perfetta. Spira Mirabilis è il loro ultimo lavoro a carattere documentaristico, uno dei tre rappresentanti del cinema italiano in concorso a Venezia 73. Il titolo si rifà alla spirale logaritmica, le cui distanze tra bracci aumentano man mano che la sua formazione progredisce: è una forma spesso rintracciabile in natura e che può essere ricostruita usando la celebre sequenza di Fibonacci. Si tratta insomma di un incrocio tra conoscenza umana e bellezza immediatamente percepibile nella natura attorno a noi.

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Spira Mirabilis, la recensione del film di Venezia 73
Marina Vlady è tra la protagoniste di Spira Mirabilis

Sicuramente tende all’estetica e a un lento progredire anche il film di Massimo D'anolfi e Martina Parenti, che si pongono l’ambiziosissimo progetto di raccontare l’anelito dell’umanità verso il superamento della morte, attraverso le storie rintracciate nei quattro angoli del mondo e che si rifanno ai 5 elementi della tradizione filosofica cinese: l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra e l’etere.

Gli autori, che hanno partecipato alla presentazione della rassegna Le Vie del Cinema a Milano, hanno voluto anche rispondere ad alcune critiche giunte dai giornali dopo il passaggio in Laguna circa la qualità del film e il fuggi fuggi che avrebbe generato in sala durante la proiezione dedicata alla stampa. 

Parenti ha invitato gli spettatori a gettare il cuore oltre l’ostacolo, concentrandosi sulla bellezza delle immagini e pensando a lasciarsi trasportare dalla storia più che a cercare continuamente un senso, che il film provvederà puntualmente a fornire nelle sue fasi finali. Chi scrive questa recensione condivide con gli autori di Spira Mirabilis l’orrore di fronte a un cinema costretto continuamente a spiegare e a spiegarsi, schiavo dei cosiddetti spiegoni, a causa della pigrizia del pubblico e della paura dei produttori.

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Spira Mirabilis, da Venezia ai cinema italiani
La locandina del film

Tuttavia è innegabile che Spira Mirabilis, pur presentando immagini suggestive unite a suoni spiazzanti, finisca per peccare un po’ troppo d’ambizione, perdendo ben presto il suo pubblico per strada. La poetica e l’estetica occupano tutto lo spazio disponibile, rendendo davvero faticoso per il pubblico non solo trovare il filo rosso dell’immortalità che unisce le storie (e che, eccezion fatta per la parte dedicata al ricercatore delle meduse, finisce per essere un tantino troppo labile) ma anche e soprattutto creare quel legame emozionale necessario a sentirsi parte della lotta contro la morte dei suoi protagonisti.

Per un film che si propone di parlare di un lato ricorrente e insopprimibile della natura umana insomma Spira Mirabilis risulta fin troppo distaccato. Le spiegazioni e il senso arrivano certo, ma troppo, troppo tardi, quando comprensibilmente in molti avranno desistito, lasciando la sala o schiacciando un pisolino, come denunciato da parte della stampa (che non è parsa entusiasta nemmeno a livello internazionale, dove il bias politico ai danni del cinema italiano non dovrebbe sussistere).

Forse quindi Spira Mirabilis ha visto i suoi creatori osare più del necessario o almeno più di quanto la loro capacità di dialogare con il pubblico avrebbe dovuto suggerire. Se Spira Mirabilis fosse la sinfonia visiva a cui è stato paragonato, sarebbe un concerto piuttosto bizzarro, in cui i vari strumenti non dialogano tra loro e creano una musica disorientante e tutto sommato inconcludente. Certo poi non sono mancati blogger e cinofili entusiasti, ma non mi sento di consigliare questo film a chi non sia un grande amante degli esercizi di stile e del genere documentaristico che sfocia nell’artistico.

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