The Walking Dead: il meglio della stagione 6 e il cliffhanger maledetto

Autore: Chiara Poli ,

La sesta stagione di #The Walking Dead è stata una grande, grande stagione.

Abbiamo assistito a momenti indimenticabili, a battaglie epiche, a evoluzioni importanti per molti dei personaggi. E a molti cliffhanger (per esempio sul destino di Glenn, di Daryl, di Carl...).

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E poi siamo arrivati alla fine, a quello che è diventato il maledetto cliffhanger. Quel dubbio che ci lascia in sospeso fino a ottobre e ha scatenato l'ira dei fan.

C'è chi l'ha definito una presa in giro, un insulto ai telespettatori, un delitto per chi ama la serie. C'è addirittura chi ha fatto partire una petizione per chiedere un episodio extra prima della stagione 7.

Insomma, si è scatenato un inferno mediatico... Per nulla.

Negan nell'episodio di The Walking Dead L'ultimo uomo sulla Terra
Negan e Rick nel finale della sesta stagione di The Walking Dead

Perché non solo quel cliffhanger è più che giustificato - chi ha letto il fumetto sa bene cosa succede, e capisce anche che la scelta della serie di lasciarci in sospeso coinvolge proprio i lettori del fumetto, che resteranno nel dubbio come tutti gli altri, accrescendo il pathos.

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Non solo quel cliffhanger era prevedibile - da che mondo è mondo, le serie TV ci lasciano "col naso in mezzo alla faccia", come si suol dire. Pensate a Lost, 24, I segreti di Twin Peaks, X-Files, Doctor Who...

Non solo, no. Quel cliffhanger è un modo di ribadire l'uso degli strumenti di sceneggiatura da parte di una serie che può permettersi di prendersi "gioco" dello spettatore per aumentare il suo legame emotivo con il pubblico.

The Walking Dead è una serie fondata sul cliffhanger. Gli episodi sono infarciti di situazioni di tensione interrotte sul più bello, lasciate in sospeso fino all'episodio successivo, o alla stagione successiva.

Perché ora tutti se ne stupiscono? Forse perché non hanno fatto caso ai modi in cui il cliffhanger è stato usato dagli autori.

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A volte lo hanno volutamente “caricato”, per poi “spegnerlo” al momento della rivelazione (per esempio facendoci vedere Daryl, ferito ma vivo, nel finale di stagione), oppure lo hanno addirittura lasciato cadere nel vuoto. Sempre e solo allo scopo di stupirci, di spiazzarci, di ricordarci che anche se abbiamo letto il fumetto non significa che non possiamo rimanere col fiato sospeso.

Glenn e Nicholas in una scena di The Walking Dead
Glenn e Nicholas assediati dagli zombie nella sesta stagione di The Walking Dead

Ricordate Rick, rinchiuso nel camper, solo e attorniato dagli zombie? Dopo averci lasciati atterriti, preoccupati per il leader in una situazione difficile, gli autori hanno fatto cadere il resto nel vuoto: non abbiamo mai visto come ha fatto, Rick, a cavarsela. Sappiamo solo che ci è riuscito.

Questa tecnica si usa sempre, in sceneggiatura, per spiazzare lo spettatore: ti affidi a un meccanismo classico, a cui il pubblico è ben abituato, e poi lo stravolgi.

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Nell'ultimo finale di stagione è successa la stessa cosa. Sarebbe stato meglio vedere subito cos'era successo e passare i prossimi 6 mesi a riflettere su un evento noto, oppure impegnarsi ad analizzare la sequenza, cercare le opinioni degli altri in rete, confrontarsi e mettersi in gioco cercando di indovinare la vittima?

Quale delle due proposte è più stimolante per i veri fan di The Walking Dead?

La risposta è ovvia. Mentre una risposta non ovvia, sviata, manipolata e carica di tensione, è invece quella che gli autori hanno voluto darci.

Perché The Walking Dead è così: una serie fondata sui cliffhanger. Su situazioni impossibili dalle quali ogni tanto si esce, ogni tanto si emerge senza che ci venga detto come e ogni tanto... Ci si resta.

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Alimentando quella tensione e quell'imprevedibilità che hanno fatto il successo della serie.

The Walking Dead: il finale della sesta stagione
The Walking Dead: una scena del finale della sesta stagione

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