The Zero Theorem, la recensione: Terry Gilliam torna alla fantascienza

Autore: Elisa Giudici ,

Se il futuro bianco, lindo e asettico immaginato da tanta fantascienza cinematografica contemporanea vi ha stancato, avete urgente bisogno di fare la conoscenza con Terry Gilliam. Proprio questa settimana Minerva presenta nei cinema italiani il suo ultimo lavoro, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2013 e poi naufragato nel grande mar cinematografico italiano, fino ad approdare sui nostri lidi in questo caldissimo luglio orfano di science fiction, almeno in attesa dell'arrivo di Star Trek Beyond. 

The Zero Theorem, l'ultima fatica del visionario Terry Gilliam, non è certo la sua prima incursione nel genere fantascientifico, anzi. Il suo lungometraggio del 1985 intitolato Brazil, oltre che ad essere da molti considerato il suo capolavoro, rimane uno dei futuri più visionari e originali mai visti sul grande schermo. 

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Minerva
La recensione di The Zero Theorem
Mélanie Thierry in The Zero Theorem

The Zero Theorem in effetti sembra quasi il suo successore spirituale, un aggiornamento all'immaginario visto in Brazil effettuato vent'anni dopo, alla luce di quanto successo nel mondo reale.

La lavorazione del film in realtà avrebbe dovuto cominciare anni fa e nel ruolo del protagonista avrebbe dovuto esserci Billy Bob Thorton, ma una serie di vicissitudini hanno costretto l'attore a lasciare e Terry Gilliam stesso era passato ad altri progetti. L'idea di questo lungometraggio a tema matematico però gli è rimasta in testa e, arruolato come assoluto protagonista un attivissimo Christoph Waltz (che presto vedremo anche in The Legend of Tarzan e Tulip Fever), è riuscito finalmente a completarne la realizzazione, girando l'intero film in Romania, nuova Mecca del cinema a basso costo. 

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Arriva nei cinema The Zero Theorem
Una suggestiva locandina di The Zero Theorem

A questo lungometraggio di Terry Gilliam non manca certo l'ambizione, in quello che sembra un tentativo di tornare sulle tematiche di Brazil e attualizzarle. Sin dai primi minuti ci troviamo catapultati in un mondo di immagini e colori così vividi da risultare disorientati almeno quanto il povero Qohen, mite e introverso impiegato di una grande, misteriosa corporazione di nome Mancom. Sin da subito è chiaro che il protagonista, pallido e senza un solo capello in testa, non sia un campione di socialità, anzi, la sua condizione di disagio a contatto con gli altri sfiora il patologico.

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Pur essendo uno degli impiegati più efficienti della corporazione capeggiata da uno sfuggente ed enigmatico Matt Damon, il desiderio di Qohen di lavorare da casa non è ancora stato realizzato. L'uomo solitario è in spasmodica attesa della Chiamata, una non meglio precisata telefonata che gli chiarirà il senso dell'esistenza sua e dell'umanità. Impressionato dai suoi risultati e dalla peculiarità delle sue idee (o forse dal suo bizzaro modo di parlare di sé al plurale?), il capo gli accorda il tanto agognato permesso di lavorare a casa, a patto che si metta al lavoro sul teorema zero. In una realtà virtuale simile a quella di un videogioco dell'era dei pixel, Qohen dovrà provare una difficilissima equazione in cui il valore di 0 corrisponde a 100.

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Qual è lo scopo di questo arduo calcolo matematico? A cosa punta veramente la Mancom? Qohen riceverà la sua chiamata o smetterà? 

Minerva
La recensione del film fantascientifico The Zero Theorem
Christoph Waltz è Qoen in The Zero Theorem

Se la trama in poche righe sembra coerente e affascinante, purtroppo non si può dire lo stesso della sua resa in questo lungometraggio. Stilisticamente è come al solito ricco di inventiva, calato com'è in un futuro materico, umano e coloratissimo, forse figlio di un costante riciclo creativo di macchinari, architetture e vestiti. 
A livello di trama invece Gilliam forse commette l'errore di non venire mai davvero incontro al proprio spettatore, lasciando che acquisisca da sé tutti gli strumenti per comprendere il mondo matematico in cui è stato introdotto. Questo rende la prima parte del lungometraggio a tratti oscura e talvolta noiosa, come quando si assiste a uno scambio verbale tra persone senza possibilità d'intervento, perché non si conosce l'argomento della conversazione. 

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Se nella parte centrale le idee e qualche colpo di genio tornano a farsi strada, i comprimari che guidano la lenta evoluzione di Qohen (la prostituta dal cuore d'oro e il ragazzino saccente ma in fondo buono) sanno un po' troppo già di visto per renderci ancora più partecipi di quanto sta succedendo su schermo.

Certo, la curiosità di venire a capo del teorema zero o di assistere alla fantomatica Chiamata rimangono elementi in grado di catalizzare l'attenzione dello spettatore, ma la critica alla società delle telecamere e del lavoro che irrompe nel privato è poco convinta e poco memorabile. 

Insomma, per gli appassionati di distopie e i neofiti di Terry Gilliam potrebbe essere una pellicola apprezzabile. Purtroppo il film è irrimediabilmente compromesso dalla sensazione che Gilliam sia uno dei tanti registi sopravvissuti ai loro capolavori (in questo caso, Brazil) e ad oggi incapaci di replicarli oppure di fare la mossa più giusta e salutare: staccarsi dal passato glorioso e tentare qualcosa di nuovo.

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 The Zero Theorem è arrivato nei cinema italiani a partire dal 6 luglio 2016, in una settimana cinematografica ricca di imperdibili recuperi dal 2013 e dal 2014.

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