Una Doppia Verità, la recensione: la parola all'avvocato Keanu Reeves

Autore: Elisa Giudici ,

Dopo l'exploit di Matrix, la carriera di Keanu Reeves non ha mai saputo mantenere quella solidità di risultato propria delle stelle di prima fascia di Hollywood: sfortuna, calo fisiologico o talento contenuto? Di certo incappare in un successo inaspettato come John Wick - con evidenti aspirazioni di franchise - è stata una fortuna per l'attore, che si gode il ritorno della celebrità mentre colleghi inossidabili come Tom Cruise prendono qualche granchio. Se Cruise è il campione del blockbuster d'azione, Reeves incarna il volto ricorrente di produzioni meno mainstream e votate a generi considerati secondari: con Matrix era la fantascienza, con John Wick l'action duro e puro, quasi da nicchia di appassionati. Due interpreti così differenti sono però accumulati da un tallone d'Achille fatale: la scarsa versatilità

Videa
Keanu Reeves parla con la vedova Renée Zellweger in una scena di Una Doppia Verità
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Né Cruise né Reeves hanno la voglia o l'abilità di adattarsi a un personaggio già confezionato, mentre sono portentosi nell'indossare con disinvoltura ruoli tagliati su misura per loro. Di certo Una Doppia Verità non ha questo livello di sartorialità da offrire al suo protagonista, chiedendogli di incarnare il più ricorrente dei personaggi dei legal drama: l'avvocato difensore con parecchia esperienza e amarezza alle spalle, alle prese con un caso apparentemente impossibile. Ramsay si assume l'impegno di difendere il figlio del suo mentore, nonostante questi sia proprio accusato dell'omicidio paterno e si rifiuti tenacemente di parlare col suo difensore per raccontargli la verità.

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Starà all'abilità del protagonista e alle risorse insospettabili della giovane assistente che lo affianca (Gugu Mbatha-Raw, che abbiamo di recente visto in un ottimo legal drama) salvare il ragazzo da una condanna certa. Le circostanze però non giocano a favore dell'imputato: in tanti sono pronti a testimoniare del rancore che il figlio provava nei confronti del padre, senza contare l'ammissione di colpevolezza fatta alla poliziotta che per prima arrivò sulla scena del crimine. 

Come avrete capito da questo incipit, ci troviamo di fronte a un intreccio legal classico, che si svolge per la maggior parte tra aula di tribunale e flashback. Nessuno di noi è così a digiuno di legal drama da aspettarsi che la spiegazione sia tutta qui e che sia proprio quella più semplice e logica. Siamo talmente avvezzi a colpi di scena e ribaltoni che non è nemmeno troppo difficile capire dove si andrà a parare, nonostante il film faccia del suo meglio per coprire le proprie tracce.

La regista Courtney Hunt si sforza di rendere il film meno scontato puntando sul non detto tipico del genere legale fittizio. Indugia su scricciolii di sedie, sfogliar di carte e testimoni che entrano ed escono, ovvero piccoli momenti "inutili" che lottano contro l'economia imposta dal formato televisivo o filmico. Questi momenti dovrebbero donare realismo alla vicenda e rendere il film in qualche modo meno stereotipato e riescono talvolta nel loro intento. 

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Peccato che proprio i due interpreti di fama chiamati qui a dare quel quid necessario a elevare a un livello meno banale il film non lo facciano. Keanu Reeves interpreta il film da manuale e senza nemmeno troppa convinzione, Renée Zellweger ha un ruolo insipido ma il suo volto poco espressivo non giova di certo a trarla d'impiccio. I due sono così sprovvisti di voglia o carisma che a uscirne meglio di tutti è il giovanissimo e inesperto accusato Gabriel Basso.

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Una Doppia Verità è quindi un legal drama di modeste pretese, che sperava in due attori blasonati per ottenere la marcia in più necessaria per lasciare un'impressione più che passeggera. A posteriori, avrebbe fatto meglio ad affidarsi a volti meno noti ma più votati alla causa.

Una Doppia Verità è nei cinema italiani dal 15 giugno 2017.

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