Unsane, la recensione: l'incubo kafkiano di Claire Foy girato con un iPhone

Autore: Elisa Giudici ,

Cosa interessa di più a Steven Soderbergh, il reietto antihollywoodiano più potente e cool di sempre? Difficile dirlo alla luce di Unsane, un film che arriva in Italia subito dopo la sua penultima fatica, il sorprendente heist movie La truffa dei Logan. In qualità di tuttofare di pregio, ha più che ampiamente dimostrato di poter mettere insieme un film di tutto rispetto al di fuori di Hollywood, arrivano a confezionare un ottimo prodotto dal cast pieno di star, giunto in sala senza alcun tipo di appoggio dell'establishment. 

Perché dunque limitarsi ancor di più e mettere insieme un film che per confezione e limiti produttivi pare la scelta (obbligata) di un giovane regista senza nemmeno i soldi per noleggiare una cinepresa, costretto a girare con un Iphone? Nonostante le dichiarazioni entusiaste di Soderbergh a riguardo degli scorsi mesi, dopo aver visto sia La truffa dei Logan sia Unsane il dubbio rimane. Soprattutto perché non è ben chiaro cosa il regista statunitense voglia dimostrare con questo thriller: Unsane è la sfida tecnica di girare con un telefono cellulare un film? Oppure il punto è nascosto all'interno della sua trama e il messaggio che preme trasmettere al regista è politico e sociale?

Unsane: un incubo kafkiano

Claire Foy è Sawyer Valentini, una donna che in poche, spicce sequenze appare come ridotta all'essenziale. Brusca, tagliente, sempre guardinga: la sua esistenza è ridotta all'essenza, continuamente sul chi vive. Il lavoro va bene, le colleghe non fanno troppo caso alle sue battute taglienti, il suo nuovo inizio lontano da Boston sembra procedere per il meglio.

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Sawyer sente però il bisogno di parlare con qualcuno e cerca una terapeuta. Ecco il problema: la sua è una fuga durata per ben due anni da uno stalker che le sembra di vedere ovunque, che la tormenta di continuo. Dopo una chiacchierata e la firma dei moduli di routine la donna si sente già meglio, pronta a tornare alla sua vita... solo che la struttura psicologica a cui si è rivolta la pensa diversamente.

20th Century Fox
Claire Foy in Unsane
Claire Foy in Unsane affronta un incubo di controllo statale e privato

Comincia così l'incubo kafkiano di Sawyer, a imperituro ricordo del fatto che bisogna sempre leggere i moduli prima di firmarli. La donna ha sciaguratamente dato il suo consenso firmato a un periodo di supervisione di 24 ore nella struttura, tratta in inganno dall'espressione rassicurante sulle "scartoffie di routine" della psicologa. 

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Le ore si trasformano in giorni, l'incubo si va esplicitamente politico man mano che la protagonista si rende conto che il suo nemico non è la follia ma il capitalismo. La truffa con cui è stata trattenuta contro la sua volontà permette alla struttura di ottenere i fondi dell'assicurazione sanitaria della donna, perciò sono pronti ad appigliarsi ad ogni scusa per prolungare la sua permanenza. 

Unsane: politico o personale? 

Quando sembrava avviato sul sentiero già tracciato del thriller che racconta la contrapposizione tra individuo e società, il versante politico di un sistema sociale che non cura bensì sfrutta i privati cittadini, ecco che il film mette in campo l'ennesima sterzata. Sawyer infatti si rende conto con orrore che il suo stalker l'ha trovata e si è fatto assumere come infermiere nel turno notturno, per poterla spiare a piacimento. Difficile mantenere la calma, difficile farsi credere dal personale medico, difficilissimo non cominciare a pensare che forse c'è davvero qualcosa che non va nella sua testa .

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Claire Foy è una paziente psichiatrica in Unsane
Folle o perseguitata? Claire Foy affronta i giochi mentali del sistema in Unsane

Unsane insomma è uno strano film di tensione che di fronte a un bivio tenta di prendere entrambe le strade, salvo poi abbandonarne una malamente e correre frettolosamente in direzione opposta. Non si può certo dire che non funzioni. Soderbergh il suo mestiere lo conosce anche troppo bene e nonostante la colonna sonora ridicola, le solite saturazioni esagerate e gli evidenti limiti del cellulare utilizzato, il film sa creare una certa suspance, anche per merito della sua brava interprete protagonista. 

Se la forza di Logan Lucky era stata la scrittura solida e il chiaro obiettivo del film (mostrare che un'altra via per creare un buon film commerciale d'azione è possibile) qui a mettere un po' in crisi il risultato finale è proprio la mancanza di chiarezza sui fini del progetto. Non si capisce bene quale sia il punto, forse non l'ha capito nemmeno lo sceneggiatore e regista. Non c'è nulla di distintivo in come gira Unsane, che sembra in tutto e per tutto una pellicola vorrei ma non posso più che un esperimento ardito. Sui contenuti poi ci sono un paio di svolte interessanti, ma sembrano risolte con svogliatezza, appoggiandosi a luoghi comuni cinematografici un po' triti. 

Qual è dunque il punto di Unsane? Difficile dirlo. Il risultato è però un film che di anticonformista non ha proprio nulla. Soderbergh si tarpa volutamente le ali quando - girando con coscienza e scrivendo con cura - avrebbe potuto superare il già ottimo La truffa dei Logan. Insomma, Unsane manca un po' il punto. 

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Commento

cpop.it

70

Il punto è il mezzo tecnico o il messaggio da veicolare? Steven Soderbergh non ne è troppo sicuro e con Unsane saltella tra tanti possibili film, ora graffiando e ora annaspando nel banale.

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