Venezia 76, Catherine Deneuve ironizza sul suo mito (e sulle colleghe): la recensione di La Vérité

Autore: Elisa Giudici ,

Catherine Deneuve sembra divertirsi molto a interpretare la protagonista di La Vérité, personaggio che omaggia il suo mito ma al contempo lo bersaglia con grande ironia. Sorniosa, vanesia, egocentrica e bugiarda fino al midollo, la sua Fabienne è un alter ego sospeso tra la realtà filmica e la realtà vera e propria, con tanto di stoccata alla collega Brigitte Bardot. Sotto l'apparente levità dell'operazione e il suo ruotare tutt'attorno all'interprete francese c'è però chiarissima la guida di Hirokazu Kore-eda, regista giapponese recente Palma d'Oro con Un affare di famiglia, giunto alla sua prima trasferta europea. 

Un bravo cineasta sa azzeccare un film ogni tanto, ma un vero fuoriclasse lo si riconosce per come porta a casa il risultato in progetti che appaiono come minori sin dalle loro premesse.

Biennale di Venezia
Il regista Hirokazu Kore-eda sul set
Hirokazu Kore-eda si conferma un regista capace di essere tagliente anche nel progetto più innocuo

Hirokazu Kore-eda fa parte di quest'ultimo gruppo e conferma anche stavolta la capacità di non sbagliare mai un film. Nemmeno se circondato da un cast che parla lingue differenti dalla sua e immerso nella realtà straniera di Parigi. 

Un affare di una famiglia francoamericana

C'era molta curiosità sulla genesi del primo film europeo di Kore-eda, regista giapponese amatissimo nel circuito festivaliero ma non altrettanto apprezzato in patria. La sceneggiatura di La Vérité è nata come un copione teatrale 15 anni fa, quando Kore-eda meditava di dirigere una pièce teatrale interamente ambientata in un camerino di un'artista. Qualche anno più tardi Catherine Deneuve lo contatta: l'attrice è una sua ammiratrice e vorrebbe lavorare con lui e non importa se per farlo dovrà andare in Giappone. 

Advertisement

Così il regista tira fuori dal cassetto quella bozza e la sottopone all'attrice francese che comincia a lavorarci su. Pian piano trasforma il personaggio protagonista nell'alter ego amplificato di sé stessa. Fabienne è la versione ancor più istrionica e caricaturale di Deneuve e lo si capisce da subito, da come si ingioiella o si pettina maniacalmente i suoi lunghi capelli biondi. 

Biennale di Venezia
Catherine Deneuve sul set
Fabienne è - a tratti - la versione caricaturale di Catherine Deneuve

La Vérité però porta chiarissima anche l'impronta di Kore-eda, che le costruisce attorno l'ennesimo film immerso in una dimensione familiare sui generis, affiancandole come figlia Juliette Binoche e girando un omaggio al cinema francese con due sue icone femminili.

Advertisement

Fabienne e la figlia Lumir sono separate dall'Atlantico e da un rapporto colmo di reciproche diffidenze e ostilità. L'autobiografia della madre (e la partecipazione a un film che più materno non si può) sono il pretesto o la trappola con cui Fabienne attira Lumir a Parigi. Portandosi dietro il marito attore di serie B che non parla una parola di francese (un Ethan Hawke ineccepibile) e la figlioletta, Lumir torna nella grande casa di famiglia per mettere le mani sul libro e leggerlo. Di verità nello stesso ce ne sono poche, in un film che flirta tutto il tempo con la negazione stessa del concetto di "verità"

Non posso dire la nuda verità, la verità non appassiona.

Advertisement

Spiega esasperata Fabienne a Lumir quando la figlia la attacca per le menzogne contenute nel libro. Se la verità è inconoscibile, la memoria è ancora più insidiosa, su entrambi i fronti. Con il procedere del film la figura materna e umana di Fabienne svicola salvo poi ricadere in quella dell'attrice così egocentrica da trattar male marito e amanti, trascurando la figlia. Fabienne non può negare che ci sa del vero, ma Kore-eda riesce ad estrarre la sua natura più profonda in precario equilibro tra immortale egocentrismo e bisogno disperato di trattenere i legami affettivi che ha coltivato a suon di capricci da diva. 

Con un sorriso (tagliente) sulle labbra

Rispetto alle prove precedenti del regista, La Vérité è un film più semplice e "commerciale", persino meta per come gioca tra narrazione e realtà degli attori che coinvolge. Il messaggio del film è radioso, così come la sua chiusura, che forse non convince al 100%. Non dopo un film che consiglia diffidenza rispetto alla lettura della realtà come univoca e granitica. Tuttavia così come Fabienne, anche Hirokazu Kore-eda sa essere sottile e parecchio tagliente: i risvolti più "cattivi" del film stanno tutti nelle menzogne che i personaggi si raccontano a vicenda e nelle mezze verità amarissime (talvolta mortali) che nascondono o trasformano. 

Biennale di Venezia
Il cast di La Vérité
La Vérité racconta una famiglia (e il cinema) francese

Siamo lontani da un possibile Leone d'Oro ma anche da un esordio in terra straniera che sia deludente. Kore-eda continua ad incantare e, permettendo a Deneuve di irridersi un po', ne rinsalda ancor di più il mito. 

Advertisement

Commento

cpop.it

70

Kore-eda non sbaglia nemmeno in trasferta europea: la sua verità familiare è più semplice e ottimista del passato ma non manca d'incantare, così come la sorniona Catherine Deneauve.

Non perderti le nostre ultime notizie!

Iscriviti al nostro canale Telegram e rimani aggiornato!

Sto cercando articoli simili...