Winnie the Pooh: i dettagli della (falsa) teoria sulle malattie mentali

Autore: Francesco Ursino ,

Winnie the Pooh ha accompagnato (e continua ad accompagnare) l’infanzia dei bambini di tutto il mondo. Oltre a essere protagonista di serie animate, il simpatico orsetto nato dalla fantasia di Alan Alexander Milne ha saputo ritagliarsi uno spazio importante anche in altri media. Come nel caso dei videogiochi, con Kingdom Hearts 3, e ovviamente del cinema, ad esempio con la pellicola Il ritorno al Bosco dei 100 Acri, uscita nell’estate del 2018.

Ma il buon Winnie the Pooh nasconde anche un volto meno conosciuto. Secondo alcuni, infatti, l’amabile orsacchiotto e i suoi compagni nasconderebbero un messaggio molto più delicato e complesso di quello che si può carpire a una prima occhiata superficiale.

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Winnie the Pooh, personaggio di A.A. Milne

Tra le teorie più bizzarre circolate negli ultimi anni, c’è quella che riguarda la possibile correlazione tra i personaggi di Winnie the Pooh e varie malattie mentali. È tempo allora di far luce sulle ipotesi che sostengono questa idea, e anche di capire se ha un qualche fondamento scientifico.

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  • La teoria che lega Winnie the Pooh alle malattie mentali
  • Le basi scientifiche della teoria
  • Quanto è vera questa teoria?
  • I collegamenti con la storia personale di Alan Alexander Milne

 

La teoria che lega Winnie the Pooh alle malattie mentali

Sono tante le teorie bizzarre e fantasiose collegate alle opere di animazione. I personaggi di Spongebob, secondo anche quanto si legge su Screenrant, corrisponderebbero così ai sette peccati capitali. I protagonisti di Scooby-Doo, stando a quanto è stato pubblicato su Snopes, per qualche motivo sarebbero stati creati invece a immagine e somiglianza dei principali college della costa est statunitense (ipotesi poi rivelatasi falsa).

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Poche di queste teorie, però, possono basarsi su quelli che appaiono veri e propri studi scientifici portati a termine con professionalità e attenzione. È questo il caso di Winnie the Pooh, e della tesi secondo la quale i personaggi principali che vivono nel Bosco dei 100 Acri sarebbero collegabili a diverse malattie mentali.

Sulle pagine di Snopes, si legge che tutta questa strana faccenda è iniziata nel 2000, a circa 70 anni dall’uscita del primo libro di Milne. Un numero del Canadian Medical Association Journal includeva uno studio dal titolo piuttosto particolare, traducibile in italiano in: “Patologie nel Bosco dei 100 Acri: uno sguardo sulla neuropsicologia dell’opera di A.A. Milne”.

Il breve saggio, visionabile a questo indirizzo, era firmato da un team di cinque studiosi, e introduceva alla lettura con un incipit che lasciava poco spazio all’immaginazione:

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Da qualche parte, nel Bosco dei 100 Acri, un piccolo bambino e il suo orsacchiotto stanno giocando. All’apparenza si tratta di un mondo innocente, ma grazie allo sguardo più attento del nostro gruppo di esperti abbiamo scoperto un bosco dove i casi di disturbi mentali e disadattamento non vengono né riconosciuti, né trattati a dovere.

Ed è da qui che parte l’ipotesi secondo la quale, tra le altre cose, il povero Winnie the Pooh sarebbe affetto da tutta una serie di problemi, compresi disturbi da deficit di attenzione e iperattività.

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Winnie the Pooh, l'orsetto creato da Alan Alexander Milne

Le basi scientifiche della teoria

La teoria che lega Winnie the Pooh alle malattie mentali si è espansa fino a coinvolgere anche i fidati compagni dell’orsacchiotto. Tigro, Ih-Oh, Cangu, Pimpi e altri rappresenterebbero, a modo loro, un determinato disturbo. Stando allo studio citato nel paragrafo precedente, allora, queste sarebbero le patologie che affliggerebbero alcuni dei poveri abitanti del Bosco dei 100 Acri:

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  • Winnie the Pooh: disturbi da deficit di attenzione, iperattività, disturbo ossessivo-compulsivo
  • Pimpi: disturbo d'ansia generalizzato
  • Ih-Oh: distimia (una forma di depressione cronica più lieve)
  • Uffa: dislessia (disturbo della lettura)
  • Tappo: disturbo da personalità narcisistica
  • Tigro: disturbi da deficit di attenzione, iperattività
  • Christopher Robin: disturbo dell’identità di genere

Intervistata nel dicembre 2000 da BBC, la ricercatrice a capo del progetto, Sarah Shea, ha svelato che l’intento dello studio era mostrare che chiunque, anche chi all’apparenza sembra vivere in mondo fatato e privo di problemi, può soffrire di disturbi mentali.

Il povero Winnie the Pooh, allora, sarebbe affetto da iperattività, e la sua continua voglia di miele potrebbe rappresentare la base per comportamenti compatibili con un disordine ossessivo-compulsivo. Inoltre, la modesta capacità del personaggio di tirarsi fuori dai guai (lo studio parla di scarsa intelligenza), sarebbe causa del fatto che il povero orsacchiotto veniva trascinato su e giù per le scale da Christopher, e ciò gli avrebbe causato traumi alla testa. Lo studio commenta:

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Non possiamo che chiederci quanto più ricca avrebbe potuto essere la vita di Winnie the Pooh se solo si fosse intervenuti con un basso dosaggio di stimolanti.

Non tutti i quadri clinici – è il caso di dirlo – presenterebbero scenari così gravi. La dislessia di Uffa, ad esempio, potrebbe essere superata con un supporto continuo. Il simpatico Kanga, invece, deve far fronte a un sistema sociale che “non sembra dare valore all’educazione, ed è privo di una forte leadership.”

È inevitabile, poi, arrivare a parlare di Christopher, il bambino che partecipa alle avventure di Winnie the Pooh (e chiamato così in onore del figlio di A.A. Milne, ovvero Christopher Robin Milne). Secondo lo studio, il piccolo presenterebbe più di un possibile problema. Le cause sarebbero da ricercare nel mancato controllo da parte degli adulti, e dal fatto che il ragazzino passi troppo tempo a cercare di parlare con gli animali.

Quanto è vera questa teoria?

Più si va avanti a leggere lo studio di Shea e colleghi, e più ci si rende conto che il tono utilizzato è sempre meno serio. La descrizione della discesa nel mondo criminale del simpatico Ro, a questo proposito, è un esempio:

Prevediamo che un giorno o l’altro vedremo un giovane Ro divenuto ormai malvivente, intento a girovagare stancamente di notte per il bosco, con a terra bottiglie rotte di estratto di malto e i resti di cardi già consumati. Pensiamo che questa sarà la realtà di Ro, in parte a causa di un secondo problema. Ro è il miglior amico di Tigro, che non un è un buon modello da seguire. L’influenza dei conoscenti determina in maniera essenziale il risultato del processo di crescita.

Nonostante gli intenti della dottoressa, l’impatto che lo studio ebbe sull’opinione pubblica fu piuttosto evidente. Intervistata da iNews nel settembre 2017, Shea dichiarava:

Ho ricevuto lettere piuttosto fastidiose. Certe persone pensavano che io e i miei colleghi stessimo ‘sprecando i soldi destinati alla ricerca’. Altre persone erano arrabbiate perché stavamo sconvolgendo il mondo dei personaggi che amavano da piccoli. Altri ancora pensavano si trattasse di una campagna a favore dei medicinali per bambini.

Secondo la dottoressa Shea, l’intento dello studio era quello di scherzare sull’intero processo di ricerca e diagnostica:

Volevamo scherzare sul nostro processo decisionale, specie nel momento in cui ci fermiamo a diagnosticare ed etichettare gli altri.

Disney
Una scena tratta da Ritorno al Bosco dei Cento Acri

L’intera teoria, pertanto, non dovrebbe essere presa troppo sul serio. In ogni caso, la dottoressa Shea non ha potuto che sorprendersi di quanto sia stato semplice arrivare alle conclusioni illustrate nello studio:

Sono rimasta sorpresa di quanto sia stato facile e veloce diagnosticare le patologie dei vari personaggi.

I collegamenti con la storia personale di Alan Alexander Milne

L’intera teoria delle malattie mentali dei personaggi di Winnie the Pooh, pertanto, non dovrebbe essere presa alla lettera. Nonostante ciò, la dottoressa Shea è riuscita a identificare alcuni punti di unione tra il mondo di Winnie the Pooh e quello del suo autore, A.A. Milne. Lo scrittore, infatti, partecipò alle tremende battaglie in Francia della Seconda Guerra Mondiale. Tornato a casa, in Inghilterra, l’autore dovette combattere con le conseguenze delle esperienze vissute al fronte.

Nel biopic Vi presento Christopher Robin, del 2017, incentrato proprio sulla vita di Milne, è possibile osservare un quadro complessivo più chiaro delle difficoltà cui dovette andare incontro il papà di Winnie the Pooh, affetto da disturbo da stress post traumatico.

Domnhall Gleeson, che nel film interpreta Milne, in un’intervista dell’agosto 2017 rilasciata a Entertainment Weekly offriva un interessante punto di vista sul collegamento tra l’autore di Winnie the Pooh e i suoi protagonisti. Il personaggio di Ih-Oh, l’asinello pessimista, sembra costituire allora il collegamento tra l’autore, i suoi problemi personali e il mondo del Bosco dei 100 Acri:

Milne aveva questi lati oscuri, all’interno dei quali si andava a nascondere. Poteva essere una persona davvero solitaria, alle volte. In sostanza, ha preso tutte queste sensazioni negative e in qualche modo le ha trasformate in parole, sotto forma di Ih-Oh.

All’epoca della pubblicazione dello studio “incriminato”, Shea ignorava la storia personale di Milne. Nonostante ciò, la dottoressa crede che il messaggio centrale delle opere dell’autore britannico sia da ricercare nell’amore che lega i vari personaggi, nonostante i possibili difetti o problemi:

Più di ogni altra cosa, la chiave per interpretare i libri risiede nell’amore, nell’accettazione e nella capacità di perdonare che pervadono il Bosco dei 100 Acri. Le storie danno un adorabile esempio di come le persone dovrebbero comportarsi.

Secondo Shea, infine, il fatto che un bambino con un qualche disturbo mentale riesca a identificarsi con uno dei personaggi di Winnie the Pooh può rappresentare un elemento positivo:

Può normalizzare la propria esperienza, soprattutto perché si tratta di personaggi che vivono in totale armonia. È del tutto ok essere Tigro, o un sognatore come Winnie the Pooh.

Pinewood FIlms
Una scena tratta da Vi presento Christopher Robin

Cosa ne pensate di questa storia, e qual è il vostro personaggio preferito del Bosco dei 100 Acri?

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