Ben-Hur, la recensione: torna l'eroe delle corse con le bighe

Autore: Elisa Giudici ,

Certo ci vuole una notevole dose di coraggio o spregiudicatezza per affrontare l'inevitabile confronto con quello che è stato il più grande e indimenticato kolossal biblico sfornato da una Hollywood allora faraonica. Era il 1959, Cinecittà viveva sugli schermi di mezzo mondo grazie allo strapotere della cinematografia statunitense e per una delle scene più famose della storia del cinema si scomodarono qualcosa come 50mila comparse. 

Nel 2016 Ben-Hur non ha certo ricevuto l'accoglienza di pubblico e critica che ebbe allora la pellicola, che viene ancora ricordata con una certa riverenza da chi nel 1959 c'era e visse l'uscita del film come un autentico evento (quando ancora andare al cinema non era uno svago, ma un momento speciale e indimenticabile). Nel liquidarlo come un film mediocre non gli si è di certo fatto torto, perché inanella una serie tale di errori grossolani, sviste irritanti e scelte pigre da rendere la sua difesa un'operazione parecchio complicata. 

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Tuttavia quando si arriva all'autunno avendo visto oltre un centinaio di nuove uscite, come chi vi scrive, la prospettiva cambia inesorabilmente. Devo confessare che alla fine questo remake mi ha più che altro sorpresa.

No, Ben-Hur non è stato il film più brutto di questa estate, dove purtroppo la sfida a questa poco ambita posizione è stata davvero serratissima. Sicuramente è quello dalla qualità più discontinua ed altalenante, tanto ricolmo di ribaltoni e incongruità che il suo difetto maggiore è quello di non avere una mano che lo guidi accorciando le briglie. 

Ben-Hur è una biga impazzita, capace di prendere il comando della gara e un momento dopo ribaltarsi su se stessa. Riesce ad essere davvero tutto e il contrario di tutto. Partiamo dalla fine, ovvero dalla celebre corsa con le bighe. Di fronte a questa prova cruciale il film è promosso, riesce persino a sostenere il confronto con l'originale del 1959.

La scelta qui si dimostra assennata: dovendo convivere con gli effetti speciali e un budget meno faraonico del passato, Timur Bekmambetov decide di mettere in pratica quanto imparato dal mondo videoludico, trascinandoci letteralmente dentro la pista. Siamo con Giuda Ben-Hur sulla biga, l'effetto è sporco, sabbioso, pericolante ma decisamente più realistico del rifinitissimo originale del 1959. 

MGM
Tra alti e bassi Ben-Hur torna al cinema
Morgan Freeman è l'unico attore dignitoso della pellicola

Il risultato, combinato a una preparazione più accurata e tecnica alla gara e alle sue insidie, è quello di una sequenza capace di dare scosse di adrenalina e coraggiosa abbastanza da chiudersi in maniera macabra, ben più inquietante dell'originale. 

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Il che è un perfetta metafora del resto del film perché dopo aver quasi salvato la baracca, il film butta tutto al vento, cercando il rassicurante (e affrettatissimo) lieto fine, non riuscendo nemmeno a venire a patti con un'ingiustizia o una morte che sia una. 

Più che brutto senza rimedio Ben-Hur è frustrante oltre il limite. Prima ti illude con un Gesù che per una volta non è la versione sexy di un santino e pare credibilmente palestinese, salvo poi piazzare come giudeo un belloccio incolore e dal volto modernissimo come Jack Houston.

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Messala ha la faccia da romano nemmeno troppo bello, però manca del carisma del fratello amico e nemico, in un cast davvero vacuo e mai memorabile, Morgan Freeman escluso. Fa venire i brividi pensare cosa sarebbe potuto essere se i vertici del progetto avessero creduto in prima persona all'opera e investito in un cast degno di questo nome. 

Invece tocca accontentarsi di questa corsa discontinua, capace di visioni sorprendentemente acute sull'inutilità e la desolazione della guerra e sull'imperialismo (con un impero romano che mostra il suo volto dittatoriale senza tanti complimenti), ma solo dopo aver assistito a 20 minuti introduttivi di una retorica esasperante.

Peccato che sequenze impressionati e per nulla banali come le campagne militari di Messala e gli anni sulla galera di Ben-Hur finiscano in questo pastone senza arte né parte. C'è un vero figlio di falegname, abbastanza ambiguo da poter essere il figlio di Dio o un profeta radicale come tanti, ma poi spuntano sempre fuori la melassa e la retorica e ogni buona sequenza si scontra e s'infrange contro la mediocrità del cast a cui è affidata

Ben-Hur sarà nei cinema a partire dal 29 settembre 2016.

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