La Ballata di Buster Scruggs, la recensione: la miscellanea western dei Coen è irresistibile ma accessoria

Autore: Elisa Giudici ,

Ci sono tanti precedenti felici - vedi alla voce Mulholland Drive - di progetti nati per il piccolo schermo e poi approdati sul grande, diventando classici cinematografici. Annunciato un po' a sorpresa nel concorso veneziano, il nuovo film dei Coen nasce dall'idea di produrre una serie TV per Netflix e dal ripescaggio di materiale inedito dall'infinito cassetto delle idee abbozzate e dei progetti mancati di casa Coen (da cui l'anno scorso Venezia pescò il ben più modesto Suburbicon).

La Ballata di Buster Scruggs si apre come il più classico dei film d'animazione disneyani: un libro dalla copertina in pelle con il medesimo titolo che viene aperto e sfogliato, introducendo i cinque episodi di cui è composto film con il paragrafo iniziale del loro fittizio racconto e un'illustrazione. La cornice d'antan crea un piacevole contrasto con l'estetica iper contemporanea della pellicola. I paesaggi sconfinati della frontiera statunitense sono immortalati con la più alta definizione possibile e con una palette cromatica che denuncia impietosamente il passaggio dei due al digitale. 

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Non capita spesso di vedere un film fatto di episodi autoconclusivi e distinti, perché per le antologie non c'è mercato, così come per i cortometraggi o i film di generi passati di moda. Almeno così sostengono i fratelli Coen, ma dopo aver visto La Ballata di Buster Scruggs le reticenze della macchina produttiva statunitense in questo senso sono più che comprensibili. Nemmeno il geniale duo riesce infatti a mantenere il medesimo livello qualitativo per tutto il film. 

Il selvaggio West a colpi di pistola e passaggi musical

Come ogni buon editore sa, il racconto più forte di un'antologia va proposto in apertura ed è proprio quello che fanno i Coen con l'episodio che dà il titolo al film. Anzi, il risultato prende da subito in contropiede lo spettatore con l'irrisione degli stereotipi del pistolero dal tocco magico attraverso un segmento che sembra quasi un musical. A reggere le atmosfere surreali e sopra le righe di questo segmento - pura rielaborazione coeniana - ci pensa il bravissimo Tim Blake Nelson, vero gentleman canterino dalla pistola fulminea. 

Il suo volto è solo il primo di una lunghissima serie di caratteristi di pregio che popolano il film, meno ricco del solito di volti celebri (per lo scontento dei fotografi sul red carpet). Tra i più famosi si distingue un James Franco perfetto in una sorta di aggiornamento ironico degli imprevedibili spaghetti western, mentre la svolta nerissima del segmento con protagonista Liam Neeson sembra un po' fare il verso al suo ruolo di padre eroe nei film action. 

I primi episodi proposti - quelli che, stando ai Coen, sono stati scritti oltre un decennio fa - sono i migliori. Seguire i due fratelli registi all'esplorazione della frontiera americana non significa solo irridere gli stilemi più rigidi e datati del genere, ma anche rimanere continuamente spiazzati dalla scrittura fulminante e sulfurea del duo statunitense. Purtroppo questo discorso va a scemare nella seconda parte del film. Un po' perché, una volta capita la formula, lo spettatore è più difficile da ingannare e da tenere sulle spine, un po' perché la scrittura degli episodi scritti per il progetto in tempi recenti risulta meno brillante.

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Nell'episodio finale con protagonista Brendan Gleeson o in quello "romantico" con Zoe Kazan (in un film in cui latitano ruoli femminili di spessore, ignorando la lezione di True Grit) l'impressione è che il peso netto della storia meritasse un minutaggio minore. La durata amplificata della narrazione (o la percezione della stessa come tale) rendono il risultato finale un po' macchinoso nel funzionamento e rallentano di molto il ritmo spedito della pellicola. 

Serie sei, serie rimarrai

Nonostante lo sforzo di Alexandre Desplat alle musiche - che insieme alle tante canzoni sono l'elemento che unisce il film - l'impressione che lascia La Ballata di Buster Scruggs non è quella di un ottimo film, bensì di una serie di episodi tra il molto buono e il geniale uniti in una sola pellicola. 

Netflix
La locandina di La ballata di Buster Scruggs
La locandina originale di La ballata di Buster Scruggs

Nonostante gli sforzi continui manca una voce unica, un filo rosso che unisca le storie. La Ballata di Buster Scruggs manca completamente di coesione, complice anche il taglio radicalmente diverso dei suoi segmenti. Si parte dal territorio musicale e dai toni da commedia, ma più tardi si esploreranno territori drammatici più che mai, talvolta minimalisti, con punte esistenziale. L'ironia onnipresente dei Coen non basta a trasformare in un film quello che rimane un ottimo agglomerato di episodi televisivi per narrazione, eterogeneità e tempismo. 

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Il paradosso più bizzarro è però quello che riguarda la valutazione finale della serie TV che voleva essere film: da una parte i Coen tornano ai massimi (soprattutto quando si affidano ai loro scritti del passato), dall'altro confezionano un film molto bello ma assolutamente accessorio, sia per il genere western sia per la loro filmografia. 

Commento

cpop.it

75

La serie TV western dei Coen si trasforma in un film che esplora le diverse anime del genere con ironia coeniana e un gran lavoro di caratteristi. Risulta talvolta geniale, ma mai davvero imperdibile.

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