La via del grembiule è un anime tremendo ma non per colpa sua, perciò dategli una chance

Autore: Elisa Giudici ,

A voler essere inguaribili ottimisti, c'è un talento non comune in come La via del grembiule - Lo yakuza casalingo investa gran parte delle sue energie nell'essere la versione meno animata possibile di sé stesso. Mi riferisco all'animazione della prima stagione dell'anime (o per meglio dire dell'ONA) prodotto da Netflix, che porta su grande schermo l'omonimo manga di Kōsuke Ōno (edito in Italia da J-Pop). Perdonate la brutalità, ma di fronte a opere di questo tipo - che elevano un approccio amatoriale e indie a standard ufficiale e televisivo - mi viene voglia di parlare di para-animazione, di gif, di quei gioiosi effetti che movimentavano le presentazioni negli anni '90, quando PowerPoint e le sue transizioni erano la più avanzata frontiera tecnologica di cui fregiarsi di fronte a colleghi e compagni di classe.

Impossibile non partire dal (mancato) processo di animazione di uno dei titoli anime Netflix più attesi della stagione. Impossibile non chiedersi come la stessa compagnia possa dare più di 100 milioni di dollari a Martin Scorsese per realizzare lo strepitoso The Irishman e poi riservare qualche spicciolo allo studio J.C.Staff per la prima stagione animata di uno dei manga più amati del momento, decidendo di realizzarne un'ONA, un Original Net Anime. Che a ostacolare la piena riuscita di La via del grembiule siano questioni economiche non è acclarato in via ufficiale, ma è deducibile da una serie di fattori.

La via del grembiule - Lo yakuza casalingo La via del grembiule - Lo yakuza casalingo Tatsu, noto e temuto boss della yakuza chiamato "Il dragone immortale", si ritira dalla vita criminale e diventa casalingo per aiutare sua moglie Miku. La serie passa da situazioni comiche, ... Apri scheda

Per esempio guardando alla lista di lavori dello stesso studio giapponese d'animazione, che comprende titoli di qualità tecnica come Honey & Clover, Nodame Cantabile e un'assoluta hit come One-Punch Man. Anche nei titoli più tremendi sfornati dallo stesso (penso a uno scult assoluto e surreale come Vatican Kiseki Chōsakan) l'animazione è incomparabilmente migliore a quanto visto qui. Questo perché, di fatto, Netflix ha deciso di scegliere la via meno dispendiosa per realizzare un prodotto animato, per ottimizzare al massimo i ricavi. Perché finanziare un dispendioso anime standard quando si può approfittare della sua versione più agile e alleggerita, puntando sugli ONA?

Uno tranquillo ex yazuka di quartiere

Se pensiate che stia esagerando chiaramente non avete visto nemmeno uno dei cinque episodi da circa 17 minuti ciascuno che compongono questa prima, fugace stagione. Una visione che, nonostante tutto, consiglio di fare, anche considerando quanto veloce sia un recupero in blocco della stessa.

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Al centro delle vicende di La via del grembiule c'è Tatsu, un ex yazuka tatuatissimo con una profonda cicatrice in volto, uno sguardo truce e una nomea leggendaria di sanguinario criminale dei bassifondi. In realtà il protagonista si è lasciato alle spalle il mondo della criminalità giapponese per abbracciare la via del grembiule (ironica alternativa alla via della spada): Tatsu ha deciso di diventare un perfetto casalingo. Dopo il matrimonio con la dinamica designer Miku ha deciso di occuparsi delle faccende di casa, mentre la sua dolce metà affronta lunghissime giornate lavorative in ufficio.

Netflix
Tatsu osserva il gatto Gin
I passaggi dedicati al gatto Gin sono tra i più riusciti della stagione

Il bucato, la cena, le commissioni, gli incontri con le casalinghe di quartiere e quelli con gli ex colleghi criminali: la comicità di La via del grembiule è tutta basata sull'intensità con cui Tatsu applica la sua serietà "criminale" in faccende quotidiane e casalinghe.

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Il punto forte della serie è indubbiamente la sua velocità: all'interno dei già brevi episodi vengono presentate due o tre micro storie autoconclusive, che vedono per protagonista Tatsu, il suo subalterno Masa o il gatto di famiglia Gin. Anche quando sin dalle premesse sia facile indovinare dove sia stia andando a parare la storia, anche quando i passaggi comici siano un po' steoreotipati, l'anime si cava d'impiccio non indugiando mai un secondo più del necessario sul singolo evento, passando velocemente al successivo. L'impressione è che in fase di sceneggiatura si sia reso più semplice (talvolta un po' più banale) l'affresco comico della controparte cartacea, senza tuttavia perdere l'impatto delle gag che ne hanno decretato il successo. Se alcune avventure di Masa e Tatsu sono meno riuscite di altre, da soli i vagabondaggi di Gin per il quartiere valgono il (poco) tempo che dedicherete alla visione

Netflix investe con miopia negli ONA

Il problema è l'animazione, che rasenta la non esistenza. Il progetto nasce a partire da un ONA, acronimo di Original Net Anime. Il termine risale al 2001 e serve ad indicare brevi prodotti animati (solitamente a basso budget) talvolta di natura totalmente amatoriale. Si tratta di titoli pensati per essere fruiti in streaming e in Rete, senza un passaggio televisivo. Spesso gli ONA sono realizzati da futuri talenti dell'animazione che vogliano farsi notare, costituendo una sorta di controparte animata del mercato cartaceo delle doujinshi con cui si sono fatti le ossa tanti mangaka affermati, pubblicando fumetti autoprodotti. Gli ONA costituiscono l'entry level indie del mercato degli anime ufficiale, il più prestigioso e noto, ovvero quello in grado di conquistarsi un prezioso slot televisivo.

Netflix
Tatsu realizza un'omelette conservando il suo sguardo truce
Netflix si poteva permettere di finanziare molto più di un ONA

Anche considerando queste premesse, anche senza comparare La via del grembiule con altri anime prodotti da Netflix, è decisamente sconfortante notarne la pochezza tecnica. Di fatto la regia di Chiaki Kon è tutta fatta di tagli, zoomate, movimenti da destra e sinistra in cui muoversi è l'immaginaria cinepresa, mentre quello che osserviamo è un semplice disegno colorato, dove tuttalpiù appare un fugace movimento degli occhi e delle labbra. Se si riesce a superare l'irritazione di fronte alla pochezza tecnica del prodotto, diventa quasi stimolante notare tutti gli espedienti con cui i responsabili tentano di dare un minimo di verve a quella che sembra poco più che una serie di diapositive.

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Vi risparmio parentesi nostalgiche sull'animazione tradizionale dei tempi d'oro, dato che la curva involutiva della qualità tecnica del titolo anime medio è sotto gli occhi di tutti. Le difficoltà economiche del comparto sono evidenti, così come l'impossibilità crescente di mantenere un modello dai ritmi produttivi massacranti per chi vi lavora. Largo alla tecnologia, largo a nuove sperimentazioni e largo a prodotti economicamente sostenibili per un comparto il cui modello lavorativo sembra spesso teso al limite e al ribasso in chiave economica e di tempistiche, con evidenti ricadute sul prodotto finale.

Netflix
Tatsu col grembiule rosa
È un peccato che La via del grembiule non possa brillare quanto un One Punch Man per questioni indipendenti dalla sua qualità narrativa

Questo però non è proprio il caso di La via del grembiule: ovunque sia lo standard qualitativo attuale dell'animazione giapponese, questo titolo si pone di gran lunga al di sotto, a fronte di un produttore che ha la disponibilità economica per fare di meglio. Non stiamo nemmeno parlando di un'operazione rischiosa in quanto tratta da una storia poco nota o del tutto originale, bensì di un anime tratto da uno dei manga comici del momento, popolarissimo in patria e già tradotto all'estero. Se fosse l'opera di un piccolo collettivo, di un animatore ambizioso o nata in un contesto amatoriale non avrebbe senso muoverle critiche di questo tipo. Comprensibile anche che Netflix moduli il suo impegno produttivo sulla base di considerazioni di cui il pubblico non è conoscenza. Quest'ultimo però in questo caso specifico avrebbe meritato molto di meglio. 

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Ne consiglio comunque la visione perché è un titolo divertente a partire da un concept azzeccato, ma non posso che pensare quanto la scelta di Netflix sia stata miope, pigra e persino un po' mercenaria. Come diceva Arisa a Sanremo: potevi fare di più. 

Commento

cpop.it

50

Difficile comprendere perché Netflix non abbia lo abbia giudicato degno di diventare un anime classico: animato così diventa una visione fattibile e nulla più. Tanto potenziale sprecato.

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