Chi era Martha Mitchell? La storia vera della socialite dietro Gaslit

Autore: Alessandro Zoppo ,

Dal 24 aprile è disponibile su StarzPlay uno dei titoli più attesi del 2022: Gaslit di Robbie Pickering. La miniserie porta sugli schermi la prima stagione di Slow Burn, il podcast in otto puntate del giornalista Leon Neyfakh che ricostruisce la storia del Watergate da un punto di vista insolito: quello di Martha Mitchell, la donna che ebbe un ruolo centrale nello smascherare lo scandalo.

Martha era la moglie di John N. Mitchell, il procuratore generale degli Stati Uniti e uomo di fiducia di Richard Nixon, diventato nel 1972 il capo del CRP, il Comitato per la rielezione del Presidente. A interpretarla è Julia Roberts, mentre Sean Penn è Mitchell, Shea Whigham l'ex agente dell'FBI e "mente" del Watergate G. Gordon Liddy, Dan Stevens il consulente legale della Casa Bianca John Dean e Betty Gilpin la moglie Mo.

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Ma chi era davvero Martha Mitchell e perché la sua vicenda è rimasta così a lungo sconosciuta prima d'ora? Scopriamolo insieme.

Chi era Martha Mitchell e perché era così famosa

Martha Elizabeth Beall è una figura controversa e famosissima negli Stati Uniti per le sue uscite pubbliche e le sue apparizioni televisive. Nata nel 1918 e cresciuta in una modesta famiglia dell'Arkansas, Martha si laurea all'Università di Miami e da giovane sogna di diventare attrice. Dopo la Seconda guerra mondiale si trasferisce a Washington, dove conosce il primo marito Clyde Jennings Jr., un ufficiale dell'esercito congedato con onore e diventato commesso viaggiatore. I due si spostano a Rye, New York e hanno un figlio, Jay, ma nel 1957 si separano: Clyde è troppo spesso fuori casa e la coppia scoppia. Soltanto quattro mesi dopo il divorzio, Martha sposa John Mitchell, colpita, come dirà nella sua autobiografia, "dalla sua dolcezza e dalla sua intelligenza".

Mitchell è un avvocato di grido nella Manhattan di quel periodo. Nel 1961 i due hanno una figlia, Marty, e frequentano la "high life" della Grande Mela. Nel 1966 John conosce Richard Nixon ed è feeling immediato: non appena Nixon viene eletto Presidente nel 1968, Mitchell diventa attorney general, procuratore generale. È allora che comincia anche la scalata di Martha: la signora è una socialite glamorous e sfegatata anticomunista, veste alla moda e organizza feste memorabili. Ma è pure una che "parla troppo": si confida in maniera schietta e sincera con gli amici cronisti, tanto che viene soprannominata "The Mouth of the South", la "bocca del Sud".

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Nel 1969 la signora Mitchell balza agli onori delle cronache perché in un'intervista televisiva ammette candidamente che la marcia pacifista di Washington ricorda a suo marito la rivoluzione bolscevica. Martha ama il whisky e quando ne beve un bicchiere di troppo si lascia andare a retroscena inconfessabili e pettegolezzi scomodi sul mondo della politica. Nel 1970 il New York Times la definisce "la donna loquace più discussa di Washington". Conquista persino la copertina del Time e un sondaggio rivela che è conosciuta dal 76% degli americani. Nel luglio del 1971 si rifiuta di inchinarsi alla regina Elisabetta perché "i cittadini americani non dovrebbero genuflettersi ai monarchi stranieri". La sua popolarità aumenta a dismisura perché appare spesso e volentieri in televisione al programma Laugh-In.

Martha "The Mouth" e lo scandalo Watergate

Prima ancora di Bob Woodward e Carl Bernstein, i reporter del Washington Post che sollevano lo scandalo con la loro inchiesta ricostruita da Alan J. Pakula nell'insuperabile Tutti gli uomini del Presidente, Martha Mitchell è considerata da più parti la causa e la prima vera responsabile delle dimissioni di Richard Nixon. Nel 1972 il Presidente si ricandida ufficialmente alla Casa Bianca: è sicuro di bissare il successo ottenuto nel 1968, nonostante l'impopolarità legata all'apertura alla Cina in chiave antisovietica e al perdurare della guerra in Vietnam. John Mitchell continua a seguirlo: si dimette dalla carica di procuratore generale per guidare il CRP, il Comitato per la rielezione di Nixon. Ma la notte del 17 giugno 1972 accade qualcosa di strano.

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Cinque uomini, tutti collaboratori del Presidente, sono arrestati nel complesso Watergate di Washington: hanno cercato di trafugare documenti dalla sede del Comitato nazionale democratico. La guardia di sicurezza li ha pizzicati mentre stanno sistemando una microspia in quegli uffici. Non sono solo "anticomunisti" come si definiscono. Eppure quella vera e propria operazione di spionaggio si sarebbe scoperta soltanto due anni dopo. Quel giorno, i Mitchell sono in vacanza con altri funzionari del governo repubblicano a Newport Beach per partecipare ad una serie di raccolte fondi. John riceve la notizia del Watergate e parte immediatamente per la capitale, lasciando la moglie in California e mettendole accanto come guardia del corpo l'agente dell'FBI Steve King. L'obiettivo del marito è chiaro: Martha deve assolutamente tenere la bocca chiusa. King deve impedirle di leggere i giornali e soprattutto di telefonare ai suoi amici.

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Due giorni dopo, il 19 giugno, Martha riesce a ottenere una copia del Los Angeles Times e legge una notizia sconvolgente: James McCord Jr., l'autista di sua figlia ed ex agente della CIA assunto dal marito come direttore della sicurezza del Comitato, è stato arrestato dalla polizia. È uno dei cinque scassinatori del Watergate. Insospettita dalle incongruenze tra ciò che si legge sui giornali e la versione ufficiale che arriva da Washington, Martha alza la cornetta e chiama l'amica Helen Thomas, fidata reporter di United Press International.

Martha è un fiume in piena: si lamenta degli "sporchi trucchi" della campagna elettorale e promette di lasciare John. Mentre sta vuotando il sacco, King la sente. Ha ricevuto un incarico preciso: fa irruzione in camera, stacca il filo del telefono e la chiude a chiave nella sua stanza d'albergo. La Thomas prova a richiamare ma non c'è nulla da fare: Martha è irraggiungibile. Qualche ora dopo è John a ricontattare la giornalista, spiegandole che la moglie è "indisposta" ma assicurando che Martha sta bene e tra loro va tutto a gonfie vele, è solo che Martha "si arrabbia un po' per la politica".

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Da quel giorno, della Mitchell non si hanno più notizie. John l'ha fatta sedare da un medico: tutto è "sistemato". È Marcia Kramer, una giornalista di cronaca nera del New York Daily News, a riuscire a rintracciare Martha e fissare con lei un incontro al Westchester Country Club di Rye. Appena la signora Mitchell arriva, la cronista nota lividi e segni di violenza sulle sua braccia. Basta qualche domanda e Martha dice tutto: la prigionia nell'albergo di Newport Beach e i tentativi di fuga dal balcone, l'irruzione anomala al Watergate e il coinvolgimento diretto dei vertici repubblicani. Quando esce l'intervista, Nixon e i suoi scagnozzi non restano con le mani in mano: scatenano contro Martha una enorme macchina del fango.

Fanno sapere a giornali e televisioni che la Mitchell non sta bene, è una mitomane alcolizzata malata di mente che straparla e si inventa qualsiasi cosa pur di avere un briciolo di visibilità. La propaganda funziona. Martha viene spedita per un rehab in un istituto psichiatrico del Connecticut ed è mollata da tutti: amici, familiari, vicini. Le crede soltanto il figlio Jay. Il 7 novembre 1972 finalmente si vota: la vittoria di Nixon è schiacciante. Il Presidente in carica ottiene il 60% e raccoglie 570 grandi elettori contro i soli 17 del suo avversario, il democratico George McGovern.

Nel 1973, comincia il processo per l'effrazione al Watergate e arriva il colpo di scena: McCord dichiara di aver agito per motivi politici, su ordine dei leader del partito repubblicano, e conferma che Nixon e i suoi uomini temono la schiettezza di Martha. L'hanno rapita per impedirle di sapere quel che stava succedendo e di parlarne in pubblico.

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Inizialmente Martha chiama i giornalisti per scagionare il marito. È sicura che hanno fatto di lui un capro espiatorio. Tenta di difenderlo ad ogni costo, ma non capisce che John è tutt'altro che estraneo ai fatti, anzi. Quando si rende conto del coinvolgimento diretto del marito, si libera del peso di ciò che ha dovuto subire: dice chiaramente che le udienze del Senato sono "provate e non spontanee" e che "tutti sono stanchi del Watergate".

È l'inizio della fine per Mitchell e per Nixon. Il Presidente si dimette il 9 agosto 1974, per anticipare l'imminente impeachment. Il 1° gennaio 1975 Mitchell è condannato per spergiuro, ostruzione della giustizia e cospirazione per il suo coinvolgimento nel Watergate. La pena che sconta è di 19 mesi in una prigione federale. "Se non fosse stato per Martha Mitchell, non ci sarebbe stato il Watergate", dirà Nixon nella celebre intervista concessa nel 1977 a David Frost. Intanto, nel settembre del 1973, Martha e John hanno divorziato.

Agli inizi del 1975, Martha è colpita da un mieloma multiplo. Una persona a lei vicina la definisce "disperatamente malata, senza soldi e senza amici". L'unico a prendersi cura di lei è Jay, diventato nel frattempo ricercatore della sottocommissione del Senato sulla sicurezza interna. Le condizioni di salute di Martha precipitano e finisce in coma: l'ormai ex signora Mitchell muore il 31 maggio 1976 al Memorial Sloan Kettering Hospital di New York. Ha 57 anni. Ai suoi funerali campeggia un cuscino di fiori che recita "Martha was right": "Martha aveva ragione".

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"Martha è stata per molti una donna sfacciata e tronfia – scrive Myra MacPherson sul Washington Post –, ma per altri è stata un'eroina che ha attaccato il permissivismo liberal che aveva portato il Paese nel caos". La vicenda ricostruita da Gaslit fa parte di quella storia dimenticata, lontana da ciò che è arrivato fino ai nostri giorni grazie ai settantanove articoli di prima pagina sul Post e alle inchieste di Woodward e Bernstein. L'obiettivo di Pickering e del regista Matt Ross (quello di Captain Fantastic) è analizzare il lato umano dietro una "cheerleader conservatrice" come Martha, una donna "davvero punk anche se per cose orribili". Incredibile ma altrettanto vero è quello che è accaduto nel 2017: Steve King, il carceriere di Martha Mitchell, è stato riabilitato e scelto dal Presidente Donald Trump come ambasciatore degli Stati Uniti in Repubblica Ceca.

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